La questione relativa all’applicabilità delle procedure da sovrandebitamento previste dalla legge n. 3/2012 ruota tutta intorno alla definizione di consumatore.
Vediamo come la giurisprudenza considera il singolo condomino e il condominio per comprendere se anche questi soggetti possono ricorrere e in che modo alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Il sovraindebitamento, così come definito dall’art. 6 della legge n. 3/2012 è “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.”
Lo stesso articolo definisce poi il consumatore come “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.”
La legge, soprannominata “salva suicidi” permette a coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economica di liberarsi dai propri debiti avviando particolari procedure. La normativa rivolta ai consumatori e ai soggetti non sottoponibili al fallimento (concetto ormai superato con il Codice della crisi e dell’insolvenza) prevede tre alternative per liberarsi dai debiti, senza saldare per intero i debiti:
1) procedere a un accordo di ristrutturazione del debito che richiede l’accettazione da almeno quei creditori che rappresentino il 60% del credito;
2) avviare un piano del consumatore che invece non richiede alcun consenso;
3) liquidare il patrimonio del debitore.
Singolo condomino e sovraindebitamento
Ora, la legge sul sovraindebitamento, nel definire il consumatore fa riferimento alla persona fisica che ha assunto delle obbligazioni per ragioni diverse da quella di natura imprenditoriale, ne consegue che anche il singolo condomino, se ha maturato un debito troppo elevato nei confronti del condominio per rate condominiali non pagato, non incontra ostacoli nell’accedere a una delle misure viste prime per liberarsene. Naturalmente ogni opzione, come visto comporterà, da parte del condominio, l’obbligo di attenersi a regole diverse.
Se il condomino dovesse proporre un accordo di ristrutturazione, che presuppone come anticipato, l’accordo dei debitori, l’assemblea del condominio dovrà accettare con le maggioranze richieste dall’art 1336 c.c.
Il discorso cambia se il singolo condomino propone un semplice piano del consumatore o se viene avviata una procedura di liquidazione del patrimonio. In questo caso l’assemblea non deve votare alcunché, può solo contestare la convenienza della procedura prescelta, nella speranza che il giudice non la omologhi.
Condominio debitore e sovraindebitamento
La riposta a questa domanda risulta più complessa rispetto all’applicabilità delle procedure da sovraindebitamento ai singoli condomini. Dalla lettura del suddetto art. 6 della legge n. 3/2102 appare chiaro il riferimento al consumatore persona fisica “che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Quindi la questione è: il condominio può essere considerato un consumatore e come tale avvalersi delle procedure da sovraindebitamento se ha maturato debiti nei confronti di terzi?
Ora, l’ordinanza n. 452/2005 della Cassazione ritiene che i debiti verso terzi, di fatto, vengono assunti dai singoli condomini. Sono loro i soggetti vincolati dai contratti che l’amministratore firma come rappresentante del condominio. Per cui, visto che i singoli condomini, nel momento in cui danno il loro consenso ad assumere obbligazioni verso terzi per il condominio (Es. lavori di ristrutturazione o riparazione dell’immobile), agiscono come privati, sono persone fisiche, per interessi estranei a qualsiasi attività imprenditoriale e sono quindi consumatori, a loro sono applicabili le procedure da sovraindebitamento.
Come precisato anche di recente dal Tribunale di Bergamo il 19 gennaio 2019 “appare corretta e coerente con la disciplina dettata dalla legge 3/2012, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso depositato dal condominio in quanto soggetto privo dei requisiti di cui all’art. 6 perché non riconducibile ad una “persona fisica“.
Del resto, come ribadito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 10679/2015 “Va ricordato che al contratto concluso con il professionista dall’amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la normativa a tutela del consumatore, atteso che l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (Cass. 10086/01;452/05).”
Annamaria Villafrate