La contabilizzazione del calore consumato da ogni unità immobiliare è ormai entrata nella cultura e nelle abitudini comuni.
Prevista ope legis da tempo, negli interventi di nuova edificazione, ed a colpi di decretazione regionale (con tanti avanti-indietro, proroghe, deroghe, sanzioni e chi più ne ha, ne metta) presto o tardi coinvolgerà tutti gli edifici.
È cosa senz’altro positiva, perché, associata alla possibilità di regolazione, contribuisce in maniera radicale alla responsabilizzazione e sensibilizzazione di tutti verso un bene comune, facendo leva sull’interesse economico del singolo. Non sempre sortisce gli effetti taumaturgici che le si attribuiscono, ma sicuramente evidenti, sì.
Come sempre insieme alle cose positive sono da considerare alcuni aspetti che, se non negativi, devono essere oggetto di attenta valutazione, specialmente quando la contabilizzazione viene effettuata su impianti “old-style” installati in edifici con isolamento termico ridotto o quasi nullo (cosa che avviene nella grande maggioranza degli edifici precedenti il 1976, anno della legge 373, antesignana della più celebre legge 10/1991).
In questi casi infatti, è prevedibile l’insorgere di contenziosi che possono derivare da problematiche non affrontate.
Ripartizione dei costi
Negli stabili condominiali in cui fino ad oggi la ripartizione dei costi di riscaldamento (sia per il combustibile sia per la manutenzione) è stata effettuata con l’ovvio criterio dei millesimi, si pone in problema di quanto debbano pagare i condomini con l’appartamento ai piani estremi (il più alto ed il più basso). Nelle nostre considerazioni tralasciamo pure le pur rilevanti incertezze della misurazione ed immagiamo che sia perfetta.
Gli appartamenti dell’ultimo piano, che sopra hanno aria esterna fredda, oppure un sottotetto non riscaldato, hanno superficie disperdenti costituite dalle pareti esterne e dal soffitto.
Quelli del piano terreno hanno superficie disperdenti costituite dalle pareti esterne e dal pavimento.
Gli altri piani hanno superfici disperdenti costituite dalle sole pareti esterne.
È ovvia la considerazione che in un ipotetico palazzo a pianta quadrata di 5 metri di lato gli appartamenti intermedi hanno superficie disperdente di 20×2.7=54 m2; l’appartamento più in alto, a quella superficie deve aggiungere 25 m2, come il piano terreno. A loro volta i due appartamenti estremi hanno diverso scambio termico con il resto del mondo: quello in alto, con aria esterna a temperatura invernale (a Milano, per esempio, -5 °C); quello al piano terra, con il terreno a 10÷15 °C.
La potenza scambiata con l’esterno è direttamente proporzionale alla superficie ed al salto termico fra interno ed esterno dell’abitazione: è quindi ovvio che gli appartamenti all’estremo siano sfavoriti e l’energia misurata dai loro contabilizzatori sia in parte al servizio dell’appartamento, come tutti, ed in parte al servizio del condominio.
Quanto si muta il regolamento condominiale in funzione dell’introduzione della contabilizzazione, occorre quindi prevedere un meccanismo che riconosca giusta ragione di ciò.
Sono in uso “comode” forfettizzazioni che indicano come ripartire i consumi degli ultimi piani. Tipicamente si utilizzano valori compresi fra 20 e 30 % del consumo totale come “condominiale” ed il resto come “pro capite”.
Queste forfettizzazioni sono fatte sulla base di un apparente buon senso, basato su assunti non necessariamente veri, come quello del piccolo esempio numerico di prima.
La tipologia di pareti, serramenti, solai e pavimenti, può cambiare radicalmente le prospettive, in bene o in male, causando storture applicative.
È invece opportuno che la quantificazione della quota “condominiale” sia calcolata attraverso un calcolo rigoroso, orami alla portata di tutti, dal quale si evinca, in funzione dei gradi giorno rilevati attualmente, quale è la quantità di calore che esce attraverso i tetti ed i solai e detrarre quella quota dai consumi degli appartamenti all’ultimo ed al primo piano.
Il meccanismo è pure relativamente semplice, ma assai più robusto del “lume di naso”, permettendo tra l’altro di tener conto delle differenze di temperatura fra un anno e l’altro.
Temperatura d’esercizio
Un problema simile e per certi versi più insidioso è l’apparente libertà di regolazione che i condòmini hanno. Installare regolazione e contabilizzazione autonoma consentono di regolare al meglio la temperatura degli appartamenti. Ma il condòmino è libero di tenere, per esempio, 10°C? Oppure, se l’appartamento è sfitto, può spegnere tour-court il riscaldamento?
La risposta è negativa per una serie di ragioni.
La prima è di rapporto con i vicini. Si dà, infatti, per sottinteso che tutti gli appartamenti siano eserciti a temperatura normale e che, di conseguenza, non ci sia scambio termico fra due appartamenti posti a piani diversi. Temperatura normale con la quale sono stati eserciti fino ad oggi sotto la regolazione condominiale.
Se, come esempio limite, un appartamento venisse tenuto a 0 °C, quello soprastante richiederà molta più energia (contabilizzata e pagata dal singolo) del normale, come se fosse l’appartamento dell’ultimo piano. Questo è un punto estremamente importante in assoluto, ma anche perché rischia di far nascere, aumentare ed esacerbare i rapporti di buon vicinato, tradizionalmente già tesi in un condominio.
C’è un’altra considerazione, tuttavia, da fare: gli edifici un po’ anziani –in particolare le loro pareti esterne- nacquero in un’epoca, prima della crisi energetica del 1973, in cui l’energia costava poco e quindi sono poco coibentati. Il sistema termodinamico vive quindi di uno strano equilibrio per il quale l’elevata quantità di calore che esce verso l’esterno tiene calde le pareti. Questo è un non voluto e costoso, ma efficiente, modo di evitare la formazione delle condense sui muri.
È evidente che tenere inutilmente alte le temperature per salvare dalla condensa è per certi versi assurdo. Ma si deve anche tenere in considerazione che un appartamento chiuso e freddo per lunghi periodi darà luogo a deterioramento esterno ed interno delle muratura, con conseguente danno per l’edificio, specialmente per gli appartamenti confinanti, che vedranno gli spigoli dei loro muri inusitatamente freddi e, quindi, con pericolo di condensa e danneggiamento.
Cosa fare, allora?
Nelle stesse more dell’adozione della contabilizzazione e regolazione per appartamento, occorre inserire una clausola obbligatoria in base alla quale gli appartamenti non possono essere eserciti a temperature inferiori ad un certo limite (p.es. 15 °C, come suggerito dalla norma UNI 10200:2013). Limiti che contemperino il diritto/dovere del risparmio d’energia di un singolo condomino, ma anche quelli degli altri condomini che non devono pagare più del dovuto e di tutto il condominio del quale si deve preservare correttamente la proprietà.
___________________________________
Si faccia comunque opportuno riferimento alla norma UNI 10200:2013 “Impianti termici centralizzati di climatizzazione invernale e produzione di acqua calda sanitaria Criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale ed acqua calda sanitaria”
DPR 74/201 “Art. 3. Valori massimi della temperatura ambiente 1. Durante il funzionamento dell’impianto di climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell’aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare: a) 18°C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili; b) 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici.”
Se il salto termico è nullo, la potenza scambiata è pure nulla.
Tabella oneri accessori Locatore-Conduttore
TABELLA ONERI ACCESSORI
RIPARTIZIONE FRA LOCATORE E CONDUTTORE
CONCORDATA TRA CONFEDILIZIA E SUNIA-SICET-UNIAT
REGISTRATA IL 30 APRILE 2014 A ROMA
(Agenzia Entrate, Ufficio territoriale Roma 2, n.8455/3)
ASCENSORE
Manutenzione ordinaria e piccole riparazioni C
Installazione e manutenzione straordinaria degli impianti L
Adeguamento alle nuove disposizioni di legge L
Consumi energia elettrica per forza motrice e illuminazione C
Ispezioni e collaudi
AUTOCLAVE
Installazione e sostituzione integrale dell’impianto o di componenti primari L
(pompa, serbatoio, elemento rotante, avvolgimento elettrico ecc.)
Manutenzione ordinaria C
Imposte e tasse di impianto L
Forza motrice C
Ricarico pressione del serbatoio C
Ispezioni, collaudi e lettura contatori C
IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE, DI VIDEOCITOFONO, DI VIDEOSORVEGLIANZA E SPECIALI
Installazione e sostituzione dell’impianto comune di illuminazione L
Manutenzione ordinaria dell’impianto comune di illuminazione C
Installazione e sostituzione degli impianti di suoneria e allarme L
Manutenzione ordinaria degli impianti di suoneria e allarme C
Installazione e sostituzione dei citofoni e videocitofoni L
Manutenzione ordinaria dei citofoni e videocitofoni C
Installazione e sostituzione di impianti speciali di allarme, sicurezza e simili L
Manutenzione ordinaria di impianti speciali di allarme, sicurezza e simili C
Installazione e sostituzione di impianti di videosorveglianza L
Manutenzione ordinaria di impianti di videosorveglianza C
IMPIANTI DI RISCALDAMENTO, CONDIZIONAMENTO, PRODUZIONE ACQUA CALDA, ADDOLCIMENTO ACQUA, PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI
Installazione e sostituzione degli impianti L
Adeguamento degli impianti a leggi e regolamenti L
Manutenzione ordinaria degli impianti, compreso il rivestimento refrattario C
Pulizia annuale degli impianti e dei filtri e messa a riposo stagionale C
Lettura dei contatori C
Acquisto combustibile, consumi di forza motrice, energia elettrica e acqua C
IMPIANTI SPORTIVI
Installazione e manutenzione straordinaria L
Addetti (bagnini, pulitori, manutentori ordinari ecc.) C
Consumo di acqua per pulizia e depurazione; acquisto di materiale C
per la manutenzione ordinaria
IMPIANTO ANTINCENDIO
Installazione e sostituzione dell’impianto L
Acquisti degli estintori L
Manutenzione ordinaria C
Ricarica degli estintori, ispezioni e collaudi C
IMPIANTO CENTRALIZZATO DI RICEZIONE RADIOTELEVISIVA E DI FLUSSI INFORMATIVI
Installazione, sostituzione o potenziamento dell’impianto centralizzato L
per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere
di flusso informativo anche da satellite o via cavo
Manutenzione ordinaria dell’impianto centralizzato per la ricezione C
radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo
anche da satellite o via cavo
PARTI COMUNI
Sostituzione di grondaie, sifoni e colonne di scarico L
Manutenzione ordinaria grondaie, sifoni e colonne di scarico C
Manutenzione straordinaria di tetti e lastrici solari L
Manutenzione ordinaria di tetti e lastrici solari C
Manutenzione straordinaria della rete di fognatura L
Manutenzione ordinaria della rete di fognatura, compresa la disostruzione C
dei condotti e pozzetti
Sostituzione di marmi, corrimano, ringhiere L
Manutenzione ordinaria di pareti, corrimano, ringhiere di scale e locali comuni C
Consumo di acqua ed energia elettrica per le parti comuni C
Installazione e sostituzione di serrature L
Manutenzione delle aree verdi, compresa la riparazione degli attrezzi utilizzati C
Installazione di attrezzature quali caselle postali, cartelli segnalatori, bidoni, L
armadietti per contatori, zerbini, tappeti, guide e altro materiale di arredo
Manutenzione ordinaria di attrezzature quali caselle postali, cartelli C
segnalatori, bidoni, armadietti per contatori, zerbini, tappeti, guide
e altro materiale di arredo
Tassa occupazione suolo pubblico per passo carrabile C
Tassa occupazione suolo pubblico per lavori condominiali L
PARTI INTERNE ALL’APPARTAMENTO LOCATO
Sostituzione integrale di pavimenti e rivestimenti L
Manutenzione ordinaria di pavimenti e rivestimenti C
Manutenzione ordinaria di infissi, serrande e dell’impianto sanitario C
Rifacimento di chiavi e serrature C
Tinteggiatura di pareti C
Sostituzione di vetri C
Manutenzione ordinaria di apparecchi e condutture di elettricità, dei cavi, C
degli impianti citofonico, videocitofonico e degli impianti individuali di videosorveglianza, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo anche da satellite o via cavo
Verniciatura di opere in legno e metallo C
Manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento e condizionamento C
Manutenzione straordinaria dell’impianto di riscaldamentoe condizionamento L
PORTIERATO
Trattamento economico del portiere e del sostituto, compresi contributi L 10% C 90%
previdenziali e assicurativi, accantonamento liquidazione, tredicesima,
premi, ferie e indennità varie, anche locali, come da c.c.n.l.
Materiale per le pulizie C
Indennità sostitutiva alloggio portiere prevista nel c.c.n.l. L10% C90%
Manutenzione ordinaria della guardiola L10% C90%
Manutenzione straordinaria della guardiola L
PULIZIA
Spese per l’assunzione dell’addetto L
Trattamento economico dell’addetto, compresi contributi previdenziali C
e assicurativi, accantonamento liquidazione, tredicesima, premi,
ferie e indennità varie, anche locali, come da c.c.n.l.
Spese per il conferimento dell’appalto a ditta L
Spese per le pulizie appaltate a ditta C
Materiale per le pulizie C
Acquisto e sostituzione macchinari per la pulizia L
Manutenzione ordinaria dei macchinari per la pulizia C
Derattizzazione e disinfestazione dei locali legati alla raccolta delle immondizie C
Disinfestazione di bidoni e contenitori di rifiuti C
Tassa rifiuti o tariffa sostitutiva C
Acquisto di bidoni, trespoli e contenitori L
Sacchi per la preraccolta dei rifiuti C
SGOMBERO NEVE
Spese relative al servizio, compresi i materiali d’uso C
PER LE VOCI NON PREVISTE DALLA PRESENTE TABELLA SI RINVIA ALLE NORME DI LEGGE E AGLI USI LOCALI
LEGENDA
L = locatore
C = conduttore
Stop pignoramenti del "quinto": con la ricerca telematica si va subito in banca
Con l’anagrafe tributaria e dei rapporti di conto corrente, è di fatto abolito il pignoramento presso il datore dilavoro o l’istituto di previdenza
Dimentichiamo i tempi in cui lo stipendio veniva pignorato fino a massimo del “quinto”. Probabilmente saranno eccezionali i casi in cui il 20% della pensione sarà trattenuto dall’Inps, su richiesta dell’ufficiale giudiziario, mentre il resto verrà regolarmente accreditato al pensionato. Le ragioni di questa rivoluzione nelle esecuzioni forzate sta in un provvedimento di legge appena approvato.
L’ultima riforma della giustizia [1] farà, indirettamente, per avvocati e creditori, il lavoro che un tempo facevano le agenzie investigative: scoprire facilmente i beni del debitore, onde valutare, già prima del pignoramento, l’eventuale convenienza dello stesso, nonché “cosa” pignorare e, soprattutto, “dove”. Come infatti abbiamo detto negli scorsi mesi, pagando un modesto supplemento di contributo unificato, sarà possibile chiedere all’ufficiale giudiziario di consultare l’anagrafe tributaria e, ancor più utile, l’anagrafe dei conti correnti, per avere accesso a tutti le informazioni utili sul soggetto inadempiente e sui suoi beni.
L’effetto è dirompente e cercheremo di spiegarlo in poche e semplici battute Fino a ieri, quando il creditore non conosceva la banca di appoggio dello stipendio o della pensione del debitore, era costretto a notificare il pignoramento presso il suo datore di lavoro o all’Inps, affinché questi, dopo aver accantonato “il quinto” dell’emolumento mensile, invece di accreditarlo al debitore lo versassero direttamente al soggetto procedente (cosiddetto pignoramento presso terzi). In tal caso, però, il creditore doveva accontentarsi solo di “un quinto” della paga, tale essendo il limite previsto dalla legge. Con ovvie ripercussioni sui tempi per recuperare l’intera somma. Da oggi, invece, non sarà più così. Conoscendo già in partenza – con una semplice consultazione dell’anagrafe dei rapporti finanziari – il conto corrente del debitore e l’eventuale disponibilità di somme presenti sullo stesso, il creditore potrà rivolgere il pignoramento direttamente in banca o alle Poste, dove, come è noto, non vige alcun limite di “un quinto”. E ciò vale anche se ivi viene depositato solo lo stipendio e la pensione (salvo qualche sporadica interpretazione giurisprudenza). Difatti, una volta accreditati sul conto, la pensione o lo stipendio diventano integralmente pignorabili.
Risultato: il creditore potrà bloccare il 100% delle somme depositate, evitando rischi di procedure lunghe e, a volte infruttuose Non poche volte, infatti, avveniva che, una volta ottenuto il pignoramento del quinto dello stipendio, almeno nei casi di crediti più elevati, dopo alcune mensilità, il debitore venisse licenziato o andasse in pensione. Con la necessità, anche in quest’ultimo caso, di procedere a un nuovo pignoramento. In alcuni casi, il creditore si accontentava di quello che aveva già preso e abbandonava la procedura. Il pignoramento del quinto, peraltro, presentava anche l’ulteriore problema della “fila” che spesso si crea tra più creditori: non potendo essere pignorato più di un quinto per volta (salvo alcune rare eccezioni), chi prima arriva, prima si soddisfa. Agli altri creditori intervenuti dopo non resta che accodarsi al pignoramento e sperare di ricevere il “quinto” una volta accontentato il creditore precedente. Proprio come in una fila allo sportello. Invece, con il pignoramento direttamente in banca, se il conto è capiente si potranno soddisfare contemporaneamente anche più creditori. Ovviamente, l’effetto sarà lo svuotamento del deposito. In realtà, tale situazione – che corrisponde comunque a un orientamento ormai pacificamente accettato dai giudici e dalla stessa Cassazione– finisce per discriminare chi tende a risparmiare e a conservare le somme in banca rispetto a chi, invece, le spende subito o, comunque, le conserva sotto il materasso, sottraendole così all’aggressione dei creditori. Il correttivo, da più anni invocato dalla nostra testata giornalistica, è quello di consentire al debitore di dimostrare che, sul proprio conto, affluiscano solo redditi pensionistici o da lavoro dipendente. E, in tali casi, limitare il pignoramento a un massimo di un quinto, così come avverrebbe se lo stesso venisse notificato al datore di lavoro o all’Inps. Non v’è, infatti, alcuna differenza tra la situazione in cui le somme sono nella disponibilità dell’imprenditore o dell’istituto di previdenza a quello in cui, invece, passano alla banca o alle poste. Si potrebbe così consentire al debitore di accendere un conto “ad hoc”, destinato proprio a ricevere tali emolumenti mensili, in modo da non confonderlo con eventuali ulteriori accrediti derivanti da redditi diversi.
Del resto, un’interpretazione di questo tipo non troverebbe neanche ostacolo nella legge che, nello stabilire il limite di pignoramento del “quinto” di pensione o stipendio, è volutamente generica e non fa alcun riferimento all’atto notificato (solo) al datore di lavoro o all’ente previdenziale. Difatti, il codice di procedura civile [2] stabilisce solo che “le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura” di 1/5.
Nulla vieta, dunque, di applicare tale norma anche al caso di pignoramento presso la banca.
[1] Dl 132/2014.
[2] Art. 545 cod. proc. civ.
Imposta di registro e di bollo per qualsiasi sentenza
Addio imposta di registro e di bollo per qualsiasi sentenza di modesto valore
Per le cause di valore non superiore ad euro 1.033,00, a prescindere se del giudice di pace o del tribunale.
Una tassa tanto odiata quanto dovuta quella sulle sentenze emesse dai giudici, specie perché a pagarla è proprio colui che ha perso il giudizio (salva comunque la solidarietà passiva anche dell’altra parte). Ora, però, arrivano buone notizie.
Ieri, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha fatto sapere [1] che, per le sentenze relative a cause di “modesto valore” non saranno più dovute l’imposta di registro e quella di bollo. La risoluzione prende così atto del recentissimo orientamento della Cassazione [2] e finisce per estendere l’esenzione in commento anche alle sentenze di appello dei provvedimenti del giudice di pace (che già sono esenti).
La Suprema Corte infatti aveva chiarito che la legge [3] “nel suo significato ampiamente comprensivo…si riferisce genericamente alle cause ed alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00, ciò che abilita l’interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione…alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio. Quindi, il limite non deve riferirsi solo ai provvedimenti del giudice di pace, ma anche a quelli del Tribunale (il che, ovviamente, poste le regole sulla competenza, si riferisce o ai giudizi in grado di appello o alle materie assegnate alla competenza funzionale del Tribunale).
Secondo la sentenza, lo scopo della norma è “alleviare l’utente dal costo di servizio di giustizia per le procedure di valore più modesto, in relazione alle quali è evidentemente apparso incongruo pretendere l’assolvimento di un tributo che, per il fatto di essere determinato in termini ordinariamente percentuali rispetto alla rilevanza economica della causa avente valore determinato, ammonta comunque ad importo irrisorio e spesso inadeguato a giustificare una complessa procedura di esazione”.
Si tratta, dunque, di una esenzione generalizzata dal pagamento della tassa di registro per tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore modesto, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito.
Così, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate per specificare che anche l’amministrazione finanziaria si adegua all’interpretazione della Cassazione e ritiene così superate le precedenti risoluzioni di segno opposto [4].
In conclusione, dunque, l’esenzione dal bollo e dall’imposta di registro (per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00) deve trovare applicazione non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace ma anche agli atti e provvedimenti emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio.
[1] Ag. Entrate risoluzione n. 97/E.
[2] Cass. Sent. n. 16310 del 16.07.2014.
[3] Art. 46 della legge 347/1991.
[4] Cfr. risoluzione Ag. Entrate n. 48/E del 2011
D. L.12 settembre 2014, n. 132
Decreto Legge 12 settembre 2014, N. 132
Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica
CAPO I
Eliminazione dell’arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti
Articolo 1. (Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria)
1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.
Tale facoltà è consentita altresì nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta.
2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato.
3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.
4. Quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. È in facoltà degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni. Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato. Se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.
5. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile.
5-bis. Con il decreto di cui al comma 5 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica.
CAPO II
Procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati
Articolo 2. (Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati)
risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
Articolo 3. (Improcedibilità)
Articolo 4. (Non accettazione dell’invito e mancato accordo)
2. La certificazione dell’autografia della firma apposta all’invito avviene ad opera dell’avvocato che formula l’invito.
3. La dichiarazione di mancato accordo è certificata dagli avvocati designati.
Articolo 5. (Esecutività dell’accordo raggiunto a seguito della convenzione e trascrizione)
2. Gli avvocati certificano l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
2-bis. L’accordo di cui al comma 1 deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile.
3. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
4. Costituisce illecito deontologico per l’avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato.
4-bis. All’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile».
Articolo 6. (Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio)
2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All’accordo autorizzato si applica il comma 3.
3. L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L’avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.
4. All’avvocato che vìola l’obbligo di cui al comma 3, terzo periodo, è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 10.000. Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede è competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g) è inserita la seguente: «g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio»; »; b) all’articolo 63, comma 2, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente: «h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio»; c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente: «d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio».
Articolo 7. (Conciliazione avente per oggetto diritti del prestatore di lavoro)
Articolo 8. (Interruzione della prescrizione e della decadenza)
Articolo 9. (Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza)
2. È fatto obbligo agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto.
3. I difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite.
4. A tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del medesimo codice di procedura penale in quanto applicabili.
4-bis. La violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l’avvocato illecito disciplinare.
Articolo 10. (Antiriciclaggio)
Articolo 11. (Raccolta dei dati)
2. Con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della giustizia.
2-bis. Il Ministro della giustizia trasmette alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui al presente capo, contenente, in particolare, i dati trasmessi ai sensi del comma 2, distinti per tipologia di controversia, unitamente ai dati relativi alle controversie iscritte a ruolo nell’anno di riferimento, a loro volta distinti per tipologia.
CAPO III
Ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio
Articolo 12. (Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile)
3. L’ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate. Allo stesso modo si procede per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale. L’atto contenente l’accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente comma.
L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nei soli casi di separazione personale, ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio secondo condizioni concordate, l’ufficiale dello stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo anche ai fini degli adempimenti di cui al comma 5. La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.
4. All’articolo 3, al secondo capoverso della lettera b) del numero 2 del primo comma della legge 1º dicembre 1970, n. 898, dopo le parole «trasformato in consensuale» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.».
5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g-bis), è aggiunta la seguente lettera: «g-ter) gli accordi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile;»; b) all’articolo 63, comma 1, dopo la lettera g), è aggiunta la seguente lettera: «g-ter) gli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;»; c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d-bis), è aggiunta la seguente lettera: «d-ter) degli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile;».
6. Alla Tabella D), allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, dopo il punto 11 delle norme speciali inserire il seguente punto: «11-bis) Il diritto fisso da esigere da parte dei comuni all’atto della conclusione dell’accordo di separazione personale, ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, ricevuto dall’ufficiale di stato civile del comune non può essere stabilito in misura superiore all’imposta fissa di bollo prevista per le pubblicazioni di matrimonio dall’articolo 4 della tabella allegato A) al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642».
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
CAPO IV
Altre misure per la funzionalità del processo civile di cognizione
Articolo 13. (Modifiche al regime della compensazione delle spese).
Articolo 14. (Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione).
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 acquistano efficacia a decorrere dall’anno 2015.
4. Gli organi di autogoverno delle magistrature e l’organo dell’avvocatura dello Stato competente provvedono ad adottare misure organizzative conseguenti all’applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2.
CAPO V
Altre disposizioni per la tutela del credito nonché per la semplificazione e l’accelerazione del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali
Articolo 17. (Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti)
La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.».
2. Le disposizioni del comma 1 producono effetti rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Articolo 18. (Iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione)
Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell’atto di pignoramento. La conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Nell’ipotesi di cui all’articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell’atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore.».
2. Alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, dopo l’articolo 159 è inserito il seguente: «Art. 159-bis (Nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione). – La nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione deve in ogni caso contenere l’indicazione delle parti, nonché le generalità e il codice fiscale, ove attribuito, della parte che iscrive la causa a ruolo, del difensore, della cosa o del bene oggetto di pignoramento. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto avente natura non regolamentare, può indicare ulteriori dati da inserire nella nota di iscrizione a ruolo.»; 2-bis. Alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, dopo l’articolo 164-bis, introdotto dall’articolo 19, comma 2, lettera b), del presente decreto, è inserito il seguente: «Art. 164-ter. – (Inefficacia del pignoramento per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo). – Quando il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al debitore e all’eventuale terzo, mediante atto notificato. In ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge.
La cancellazione della trascrizione del pignoramento si esegue quando è ordinata giudizialmente ovvero quando il creditore pignorante dichiara, nelle forme richieste dalla legge, che il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito».
3. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 2-bis si applicano ai procedimenti esecutivi iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
4. All’articolo 16-bis, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis.».
Articolo 19. (Misure per l’efficienza e la semplificazione del processo esecutivo).
Fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.»; c) all’articolo 492 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il settimo comma è abrogato; 2) all’ottavo comma, le parole «negli stessi casi di cui al settimo comma e» sono soppresse; d) dopo l’articolo 492 è inserito il seguente: «Art. 492-bis (Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare). – Su istanza del creditore procedente, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. L’istanza deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del difensore nonché, ai fini dell’articolo 547, dell’indirizzo di posta elettronica certificata.
Fermo quanto previsto dalle disposizioni in materia di accesso ai dati e alle informazioni degli archivi automatizzati del Centro elaborazione dati istituito presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 8 della legge 1º aprile 1981, n. 121, con l’autorizzazione di cui al primo comma il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato dispone che l’ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Terminate le operazioni l’ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze.
Se l’accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo accede agli stessi per provvedere d’ufficio agli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520. Se i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza di cui al periodo precedente, copia autentica del verbale è rilasciata al creditore che, entro quindici giorni dal rilascio a pena d’inefficacia della richiesta, la presenta, unitamente all’istanza per gli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520, all’ufficiale giudiziario territorialmente competente.
L’ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa individuata mediante l’accesso nelle banche dati di cui al secondo comma, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l’omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell’articolo 388, sesto comma, delcodice penale.
Se l’accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest’ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l’ufficiale giudiziario notifica d’ufficio, ove possibile a norma dell’articolo 149-bis o a mezzo telefax, al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell’indirizzo di posta elettronica certificata di cui al primo comma, del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell’ingiunzione, dell’invito e dell’avvertimento al debitore di cui all’articolo 492, primo, secondo e terzo comma, nonché l’intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all’articolo 546. Il verbale di cui al presente comma è notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest’ultimo riferibili.
Quando l’accesso ha consentito di individuare più crediti del debitore o più cose di quest’ultimo che sono nella disponibilità di terzi l’ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.
Quando l’accesso ha consentito di individuare sia cose di cui al terzo comma che crediti o cose di cui al quinto comma, l’ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.»; d-bis) all’articolo 503 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «L’incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568»; d-ter) dopo l’articolo 521 è inserito il seguente: «Art. 521-bis. – (Pignoramento e custodia di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi). – Il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri, i beni e i diritti che si intendono sottoporre ad esecuzione, e gli si fa l’ingiunzione prevista nell’articolo 492. Il pignoramento contiene altresì l’intimazione a consegnare entro dieci giorni i beni pignorati, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso dei medesimi, all’istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso.
Al momento della consegna l’istituto vendite giudiziarie assume la custodia del bene pignorato e ne dà immediata comunicazione al creditore pignorante a mezzo posta elettronica certificata ove possibile.
Decorso il termine di cui al primo comma, gli organi di polizia che accertano la circolazione dei beni pignorati procedono al ritiro della carta di circolazione nonché, ove possibile, dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all’uso dei beni pignorati e consegnano il bene pignorato all’istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il bene pignorato è stato rinvenuto. Si applica il terzo comma.
Eseguita l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l’atto di pignoramento perché proceda alla trascrizione nei pubblici registri. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al terzo comma, il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione. La conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo.
Il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell’atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di cui al quinto comma.
Si applicano in quanto compatibili le disposizioni del presente capo»; e) all’articolo 543 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma, la parola «personalmente» è soppressa; 2) al secondo comma, il numero 4) è sostituito dal seguente: «4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata; con l’avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione»; 3) dopo il quarto comma è inserito il seguente: «Quando procede a norma dell’articolo 492-bis, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma. Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l’assegnazione o la vendita delle cose mobili o l’assegnazione dei crediti. Sull’istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l’udienza per l’audizione del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il decreto con cui viene fissata l’udienza di cui al periodo precedente è notificato a cura del creditore procedente e deve contenere l’invito e l’avvertimento al terzo di cui al numero 4) del secondo comma.»; f) all’articolo 547, il primo comma è sostituito dal seguente: «Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.»; g) all’articolo 548, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il primo comma è abrogato; 2) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Quando all’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un’udienza successiva. L’ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553.»; h) soppressa; h-bis) all’articolo 569, terzo comma, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all’articolo 573. Il giudice provvede ai sensi dell’articolo 576 solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568»; h-ter) all’articolo 572, terzo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Se l’offerta è inferiore a tale valore il giudice non può far luogo alla vendita quando ritiene probabile che la vendita con il sistema dell’incanto possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma dell’articolo 568»; i) l’articolo 609 è sostituito dal seguente: «Art. 609 (Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione). – Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, l’ufficiale giudiziario intima alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se colui che è tenuto a provvedere all’asporto non è presente, mediante atto notificato a spese della parte istante. Quando entro il termine assegnato l’asporto non è stato eseguito l’ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina, anche a norma dell’articolo 518, primo comma, il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di custodia e di asporto.
Quando può ritenersi che il valore dei beni è superiore alle spese di custodia e di asporto, l’ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina un custode e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo. Il custode è nominato a norma dell’articolo 559. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese i beni, quando non appare evidente l’utilità del tentativo di vendita di cui al quinto comma, sono considerati abbandonati e l’ufficiale giudiziario, salva diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.
Se sono rinvenuti documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale che non sono stati asportati a norma del primo comma, gli stessi sono conservati, per un periodo di due anni, dalla parte istante ovvero, su istanza e previa anticipazione delle spese da parte di quest’ultima, da un custode nominato dall’ufficiale giudiziario. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese si applica, in quanto compatibile, quanto previsto dal secondo comma, ultimo periodo. Allo stesso modo si procede alla scadenza del termine biennale di cui al presente comma a cura della parte istante o del custode.
Decorso il termine fissato nell’intimazione di cui al primo comma, colui al quale i beni appartengono può, prima della vendita ovvero dello smaltimento o distruzione dei beni a norma del secondo comma, ultimo periodo, chiederne la consegna al giudice dell’esecuzione per il rilascio. Il giudice provvede con decreto e, quando accoglie l’istanza, dispone la riconsegna previa corresponsione delle spese e compensi per la custodia e per l’asporto.
Il custode provvede alla vendita senza incanto nelle forme previste per la vendita dei beni mobili pignorati, secondo le modalità disposte dal giudice dell’esecuzione per il rilascio. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 530 e seguenti del codice di procedura civile. La somma ricavata è impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, per l’asporto e per la vendita, liquidate dal giudice dell’esecuzione per il rilascio. Salvo che i beni appartengano ad un soggetto diverso da colui che è tenuto al rilascio, l’eventuale eccedenza è utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione liquidate a norma dell’articolo 611.
In caso di infruttuosità della vendita nei termini fissati dal giudice dell’esecuzione, si procede a norma del secondo comma, ultimo periodo.
Se le cose sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode.»; 2. Alle disposizioni per l’attuazione al codice di procedura civile, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo l’articolo 155 sono inseriti i seguenti: « «Art. 155-bis (Archivio dei rapporti finanziari). – Per archivio dei rapporti finanziari di cui all’articolo 492-bis, secondo comma, del codice si intende la sezione di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
Art. 155-ter (Partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare con modalità telematiche). – La partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare di cui all’articolo 492-bis del codice ha luogo a norma dell’articolo 165 di queste disposizioni.
Nei casi di cui all’articolo 492-bis, sesto e settimo comma, l’ufficiale giudiziario, terminate le operazioni di ricerca dei beni con modalità telematiche, comunica al creditore le banche dati interrogate e le informazioni dalle stesse risultanti a mezzo telefax o posta elettronica anche non certificata, dandone atto a verbale. Il creditore entro dieci giorni dalla comunicazione indica all’ufficiale giudiziario i beni da sottoporre ad esecuzione; in mancanza la richiesta di pignoramento perde efficacia.
Art. 155-quater (Modalità di accesso alle banche dati). – Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuati i casi, i limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati di cui al secondo comma dell’articolo 492-bis del codice, nonché le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori. Con il medesimo decreto sono individuate le ulteriori banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere, che l’ufficiale giudiziario può interrogare tramite collegamento telematico diretto o mediante richiesta al titolare dei dati.
Il Ministro della giustizia può procedere al trattamento dei dati acquisiti senza provvedere all’informativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
È istituito, presso ogni ufficio notifiche, esecuzioni e protesti, il registro cronologico denominato “Modello ricerca beni”, conforme al modello adottato con il decreto del Ministro della giustizia di cui al primo comma.
L’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui al primo comma è gratuito. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche all’accesso effettuato a norma dell’articolo 155-quinquies di queste disposizioni. Art. 155-quinquies (Accesso alle banche dati tramite i gestori). – Quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui all’articolo 155-quater, primo comma, non sono funzionanti, il creditore procedente, previa autorizzazione a norma dell’articolo 492-bis, primo comma, del codice, può ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall’articolo 155-quater di queste disposizioni le informazioni nelle stesse contenute.».
Art. 155-sexies. – (Ulteriori casi di applicazione delle disposizioni per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare). – Le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare si applicano anche per l’esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui »; b) al titolo IV, capo I, dopo l’articolo 164 è aggiunto il seguente: «Art. 164-bis (Infruttuosità dell’espropriazione forzata). – Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.».
3. Al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 13, dopo il comma 1-quater è inserito il seguente: «1-quinquies. Per il procedimento introdotto con l’istanza di cui all’articolo 492- bis, primo comma, del codice di procedura civile il contributo dovuto è pari ad euro 43 e non si applica l’articolo 30»; b) all’articolo 14, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: «1-bis. La parte che fa istanza a norma dell’articolo 492-bis, primo comma, del codice di procedura civile è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato.»; 4. Al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 107, secondo comma, dopo le parole «sono addetti» sono aggiunte le seguenti: «, del verbale di cui all’articolo 492-bis del codice di procedura civile»; b) all’articolo 122, dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti: «Quando si procede alle operazioni di pignoramento presso terzi a norma dell’articolo 492-bis del codice di procedura civile o di pignoramento mobiliare, gli ufficiali giudiziari sono retribuiti mediante un ulteriore compenso, che rientra tra le spese di esecuzione ed è dimezzato nel caso in cui le operazioni non vengano effettuate entro quindici giorni dalla richiesta, stabilito dal giudice dell’esecuzione: a) in una percentuale del 5 per cento sul valore di assegnazione o sul ricavato della vendita dei beni mobili pignorati fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 2 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni mobili pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 e in una percentuale del 1 per cento sull’importo superiore; b) in una percentuale del 6 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati ai sensi degli articoli 492-bis del codice di procedura civile fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 4 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 ed in una percentuale del 3 per cento sull’importo superiore.
In caso di conversione del pignoramento ai sensi dell’articolo 495 del codice di procedura civile, il compenso è determinato secondo le percentuali di cui alla lettera a) ridotte della metà, sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se maggiore, sull’importo della somma versata.
In caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo il compenso è posto a carico del creditore procedente ed è liquidato dal giudice dell’esecuzione nella stessa percentuale di cui al comma precedente calcolata sul valore dei beni pignorati o, se maggiore, sul valore del credito per cui si procede.
5. All’articolo 7, nono comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, è inserito, in fine, il seguente periodo: «Le informazioni comunicate sono altresì utilizzabili dall’autorità giudiziaria ai fini della ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui.
Nei casi di cui al periodo precedente l’autorità giudiziaria si avvale per l’accesso dell’ufficiale giudiziario secondo le disposizioni relative alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.».
6. L’articolo 155-quinquies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, introdotto dal comma 2, lettera a), del presente articolo, si applica anche ai procedimenti di cui al comma 5.
6-bis. Le disposizioni del presente articolo, fatta eccezione per quelle previste al comma 2, lettera a), limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 155-sexies, e lettera b), e al comma 5, si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Articolo 19-bis. (Crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere).
2. Effettuate le comunicazioni di cui al comma 1 non possono eseguirsi pagamenti per titoli diversi da quelli per cui le somme sono vincolate.
3. Il pignoramento non determina a carico dell’impresa depositaria l’obbligo di accantonamento delle somme di cui al comma 1, ivi comprese quelle successivamente accreditate, e i soggetti di cui al comma 1 mantengono la piena disponibilità delle stesse.
Articolo 20. (Monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali e deposito della nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche)
9-quinquies. Il commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui all’articolo 172, primo comma, del predetto regio decreto redige un rapporto riepilogativo secondo quanto previsto dall’articolo 33, quinto comma, dello stesso regio decreto e lo trasmette ai creditori a norma dell’articolo 171, secondo comma, del predetto regio decreto. Conclusa l’esecuzione del concordato si applica il comma 9-quater, sostituendo il commissario al curatore.
9-sexies. Entro dieci giorni dall’approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis del codice di procedura civile deposita un rapporto riepilogativo finale delle attività svolte. 9-septies. 9-sexies. I rapporti riepilogativi periodici e finali previsti per le procedure concorsuali e il rapporto riepilogativo finale previsto per i procedimenti di esecuzione forzata devono essere depositati con modalità telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonché delle apposite specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. I relativi dati sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero della giustizia, anche nell’ambito di rilevazioni statistiche nazionali.».
2. Al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 40, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: «1-bis. Il commissario straordinario, redige ogni sei mesi una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione in conformità a modelli standard stabiliti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministero dello sviluppo economico. La relazione di cui al periodo precedente è trasmessa al predetto Ministero con modalità telematiche.».
b) all’articolo 75, al comma 1, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il bilancio finale della procedura e il conto della gestione sono redatti in conformità a modelli standard stabiliti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministero di cui al periodo che precede, al quale sono sottoposti con modalità telematiche.».
3. I dati risultanti dai rapporti riepilogativi periodici e finali di cui agli articoli 40 e 75, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero dello sviluppo economico, nell’ambito di rilevazioni statistiche nazionali.
4. Per l’attuazione delle disposizioni del commi 1 e 2 il Ministero competente provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.».
5. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle procedure concorsuali ed ai procedimenti di esecuzione forzata pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento contenente le specifiche tecniche di cui all’articolo 16-bis, comma 9-septies, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012.
6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano, anche alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti previsti all’articolo 40, comma 1-bis, e 75, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270.
CAPO VI
Misure per il miglioramento dell’organizzazione giudiziaria
Articolo 21. (Disposizioni in tema di tramutamenti successivi dei magistrati).
Il Ministro della giustizia adotta un solo decreto per tutti i magistrati tramutati nell’ambito della medesima procedura indetta con unica delibera del Consiglio superiore della magistratura.
Il Consiglio superiore della magistratura, nel disporre il tramutamento che comporta o rende più grave una scopertura del trentacinque per cento dell’organico dell’ufficio giudiziario di appartenenza del magistrato interessato alla procedura, delibera la sospensione dell’efficacia del provvedimento sino alla delibera di copertura del posto lasciato vacante. La sospensione dell’efficacia di cui al periodo che precede cessa comunque decorsi sei mesi dall’adozione della delibera. Il presente comma non si applica quando l’ufficio di destinazione oggetto della delibera di tramutamento ha una scopertura uguale o superiore alla percentuale di scopertura dell’ufficio di provenienza.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 10.».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle procedure di tramutamento avviate con delibera del Consiglio superiore della magistratura adottata successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Articolo 21-bis.(Istituzione dell’ufficio del giudice di pace di Ostia e ripristino dell’ufficio del giudice di pace di Barra).
2. Alla legge 21 novembre 1991, n. 374, la tabella A è sostituita dalla tabella di cui all’allegato 3 del presente decreto.
3. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le piante organiche del personale di magistratura onoraria degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra e sono altresì apportate le necessarie variazioni alle piante organiche degli altri uffici del giudice di pace.
4. Il Consiglio superiore della magistratura definisce, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la procedura di trasferimento dei magistrati onorari destinati agli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra.
5. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le piante organiche del personale amministrativo degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra e sono altresì apportate le necessarie variazioni alle piante organiche degli altri uffici del giudice di pace.
6. Alla copertura dell’organico del personale amministrativo degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra si provvede mediante le ordinarie procedure di trasferimento. A coloro i quali, alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, prestavano servizio presso gli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra, è attribuita preferenza assoluta ai fini del trasferimento previsto dal presente comma.
7. Con decreto del Ministro della giustizia è fissata la data di inizio del funzionamento degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra.
8. Gli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra sono competenti per i procedimenti civili e penali introdotti successivamente alla data di cui al comma 7. I procedimenti penali si considerano introdotti dal momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero.
9. Per le spese di funzionamento degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra è autorizzata la spesa di euro 317.000 a decorrere dall’anno 2015.
CAPO VII
Disposizione finali
Articolo 22. (Disposizioni finanziarie)
2. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio semestrale delle minori entrate derivanti dall’attuazione del presente decreto e riferisce in merito al Ministro dell’economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1 del presente articolo, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede all’aumento degli importi del contributo unificato di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’articolo 19, comma 3, del presente decreto, nella misura necessaria alla copertura finanziaria delle minori entrate risultanti dall’attività di monitoraggio.
3. ll Ministro dell’economia e delle finanze riferisce, senza ritardo, alle Camere, con apposita relazione, in merito alle cause degli scostamenti e all’adozione delle misure di cui al secondo periodo del comma 2.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.Articolo 23. (Entrata in vigore)
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Con il via libera della Camera, il decreto giustizia è diventato legge dello Stato.
317 i voti a favore e 182 i contrari (oltre ai 5 astenuti), hanno fatto passare il provvedimento, che è arrivato in aula “blindato” dalla fiducia di martedì scorso, producendo, dati i tempi stretti della scadenza, un esito praticamente scontato.
Stanno, quindi, per diventare operative, le principali novità in materia di processo civile, sospese a causa della transitorietà prevista nel testo originario del d.l. n. 132/2014 che subordinava l’entrata in vigore di diverse norme al momento della conversione piena.
Nel testo approvato in via definitiva dalla Camera, immutato rispetto alle modifiche apportate dal Senato al ddl di conversione, si ritrovano, infatti, la maggior parte delle misure previste nell’impianto originario del decreto, fatta eccezione per la possibilità di escutere i testi fuori dal processo.
L’art. 15 del d.l. n. 132/2014 che introduceva l’art. 257-ter al codice di procedura civile, con la previsione della possibilità di rendere dichiarazioni scritte al difensore, previa attestazione di autenticità da parte dello stesso, al fine di abbreviare i tempi delle udienze, è stato, difatti, soppresso in sede di esame a Palazzo Madama.
Di seguito, tutte le novità della riforma che diventeranno pienamente operative nei prossimi giorni, ad effetto immediato ovvero decorsi trenta giorni dalla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale, in base alla time-line originariamente prevista dall’esecutivo nel testo del d.l.:
- Trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti, sia in primo che in secondo grado; escluso per le cause inerenti i diritti indisponibili e quelle in materia di lavoro. Il lodo avrà valore di sentenza e dovrà essere pronunciato entro 240 gg. (120 se in appello), altrimenti la causa va riassunta entro 60 gg. davanti al giudice, pena l’estinzione;
- Negoziazione assistita estesa anche alla separazione e al divorzio e consentita anche in presenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. In questo caso, l’accordo dovrà essere trasmesso, entro 10 gg., al p.m. presso il tribunale competente che dovrà autorizzarlo in quanto rispondente all’interesse dei figli. Analoga previsione è stata inserita, in sede di conversione, anche in assenza di figli minori: l’accordo dovrà, infatti, essere necessariamente trasmesso al p.m. presso il tribunale competente per un controllo di regolarità e conseguente rilascio del nullaosta. Superati questi passaggi, la convenzione produrrà gli effetti dei procedimenti giudiziali e saranno gli avvocati delle parti a dover trasmettere copia autentica dell’accordo all’ufficiale di stato civile del comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, pena sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro (ridotta rispetta al testo originario che prevedeva un massimo di 50.000 euro);
- Possibilità di concludere accordi di separazione o divorzio anche davanti al sindaco, consentita soltanto in assenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti. In sede di conversione, allo scopo di promuovere una riflessione più ponderata sulle decisioni dei coniugi, è stato introdotto un doppio passaggio (fatta eccezione per l’accordo riguardante la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio): dopo l’accordo, infatti, il sindaco dovrà invitare i coniugi a comparire davanti a sé entro trenta giorni per la conferma; l’eventuale mancata presentazione degli stessi vale come mancata conferma;
- Misure funzionali per il processo civile di cognizione, tra le quali spiccano la più ristretta delimitazione delle ipotesi (soccombenza reciproca, novità assoluta della questione trattata e mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti) in cui il giudice può ricorrere allacompensazione delle spese tra le parti, al fine di disincentivare i casi di c.d. “abuso del processo”; il passaggio d’ufficio dal rito ordinario a quello sommario per le cause di minore complessità; la riduzione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali (da 45 a 31 giorni, ovvero dall’1 al 31 agosto di ogni anno) e l’analoga riduzione delle ferie dei magistrati;
- Misure di semplificazione del processo esecutivo e per la tutela del credito, tra cui rilevano l’incremento del tasso di interesse moratorio, nel caso di ritardi nei pagamenti nei contenziosi civili o nei procedimenti arbitrali dall’1 all’8,15%; la possibilità di accesso per il creditore alle banche dati online della P.A. per l’individuazione più agevole dei beni in possesso dal debitore ai fini del pignoramento; la nuova forma di pignoramento dei veicoli introdotta dall’art. 521-bis c.p.c. e le modifiche alla dichiarazione del terzo nell’espropriazione presso terzi che potrà essere resa in ogni caso (senza più necessità di comparizione in udienza per i crediti impignorabili di cui all’art. 545 c.p.c.) a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata; l’impignorabilità dei depositi bancari o postali a disposizione delle rappresentanze diplomatiche; l’introduzione dell’obbligo di deposito telematico di una serie di rapporti riepilogativi nell’ambito delle procedure concorsuali; ecc.;
- Misure di riorganizzazione giudiziaria, con la previsione di tempi più ridotti per la scopertura dei posti vacanti, all’esito del tramutamento orizzontale dei magistrati (ovvero delle procedure di trasferimenti successivi all’assegnazione alla sede dopo il tirocinio iniziale) e il ripristino degli uffici del giudice di pace di Ostia e Barra, soppressi in seguito alla riforma della geografia giudiziaria.
Ora sarà la tua Banca a denunciarti al fisco
Cade il segreto bancario: dopo l’anagrafe dei conti arriva il Cartellino Fiscale, la targa gli istituti di credito riveleranno all’amministrazione fiscale tutte le informazioni relative a saldi, attività finanziarie, interessi, dividendi.
Spiati a casa propria. Sono finiti i tempi in cui la banca era un alleato del proprio cliente e, una volta impartitole un ordine di pagamento o di accredito, eseguiva l’operazione nella massima segretezza per tutelare il correntista. Il segreto bancario è ormai un ricordo. In questo autunno peraltro c’è stata una vera e propria accelerazione su tutti i fronti del grimaldello che riduce i margini del segreto: lo scambio automatico di informazioni tra Stati. Le ultime norme e convenzioni internazionali hanno trasformato gli istituti di credito in veri e propri agenti segreti del fisco. La rivoluzione, partita esattamente un anno fa con l’Anagrafe dei conti correnti, si è appena evoluta con il Facta (l’accordo con gli USA per lo scambio di informazioni e dati sui soggetti a rischio evasione) e il Crs (Common Reporting Standard), un nuovissimo modello per lo scambio di informazioni tra i paesi dell’Ocse. Vediamo meglio di cosa si tratta, distinguendo a seconda che l’attività di “spionaggio” della banca sia fatta sui conti in Italia o all’estero.
In Italia
A partire dal 31 ottobre 2013, a tutte le banche è stato imposto di comunicare, in tempo reale, al maxi computer dell’Agenzia delle Entrate (cosiddetta “Anagrafe dei conti correnti”), ogni singolo dettaglio dei conti correnti del cittadino. Non solo, quindi, l’esistenza del rapporto in essere con la banca, ma anche le relative consistenze, il saldo annuale e ogni singolo movimento di prelievo o versamento. Ed ancora la presenza di carte di debito o di credito, certificati di deposito, buoni fruttiferi, acquisti di oro e metalli preziosi, cassette di sicurezza.
Insomma, ogni operazione che i contribuenti faranno su un conto corrente bancario o postale sarà, lo stesso giorno, comunicata all’Amministrazione fiscale la quale, a sua volta, potrà utilizzarla in qualsiasi momento per effettuare controlli fiscali. Così, per esempio, nel caso di presentazione di Isee per verificare se le dichiarazioni del contribuente corrispondano a vero; o, ancora più frequentemente, nel caso di controllo della dichiarazione dei redditi che verrà confrontata con le disponibilità in conto, per il vaglio di compatibilità.
Soggetti tenuti a tali comunicazioni non sono solo gli istituti di credito, ma anche Poste Italiane, gli organismi di investimento e le società di gestione del risparmio.
Scambio di dati tra Stati
Nell’ultimo anno si sono moltiplicati gli accordi internazionali per il controllo globale dei conti correnti. Le prime scadenze delle banche sono quelle relative al cosiddetto FACTA, l’accordo con gli Usa per lo scambio di informazioni. Ad esso si affianca una disciplina molto stringente dell’Unione Europea, che pure di recente ha ricevuto un’ulteriore accelerazione. Lo scorso 14 ottobre infatti l’Ecofin ha raggiunto un accordo per la revisione di una direttiva del 2011 per allargare il raggio di azione della cooperazione internazionale tra gli stati.
Ma un’altra sigla importante per chi ha soldi all’estero, capace di far tremare anche gli evasori più smaliziati, è quella di Crs(Common reporting standard), il modello per lo scambio di informazioni tra gli stati a livello Ocse, per il quale sono già in pista di partenza 51 Stati (nel 2018 il numero salirà a circa 90).
In pratica, ad ogni correntista, nel biennio 2016-2017, verrà infatti attribuito il cosiddetto “Cartellino Fiscale”,una sorta di etichetta che lo renderà identificabile presso l’amministrazione finanziaria. E ad attribuire la targa saranno proprio gli intermediari finanziari come le banche, le finanziarie e le Poste.
A questi, infatti, sarà demandato il compito di trasmettere alle autorità fiscali nazionali tutte le informazioni relative a saldi di conto, contro valori di vendita delle attività finanziarie, interessi, dividendi e tutti i dati dell’investitore stesso sia persona fisica, sia persona giuridica, per tutti i rapporti in essere prima e dopo il 31 dicembre 2015. Il tutto anche al fine di individuare i capital gain sulle compravendite di attività finanziarie.
Non solo. Gli intermediari avranno anche il compito di effettuare una sorta di valutazione preventiva sulla qualità del correntista in modo che l’amministrazione finanziaria sia già in possesso di un bussola per orientare eventuali controlli.
Il Common reporting standard porrà definitivamente fine al segreto bancario. I suoi “segreti” sono stati illustrati, ieri, da David Pitaro, membro del dipartimento delle politiche fiscali per il Ministero dell’economia e delle finanze, nel corso del seminario per il Contrasto all’evasione fiscale che si è svolto presso la Commissione finanze della Camera.
Uno dei punti di forza del sistema è quello di essere standardizzato e, quindi, di essere in grado da un lato di intercettare un gran numero di redditi, di consistenze e di capitali infruttiferi, dall’altro lato di impedire agli investitori di nascondersi dietro i veicoli.
Il Crs entrerà a regime all’interno della legislazione europea a partire dal 1 gennaio 2016.
Residenze fiscali allo scoperto
È in arrivo la mappa delle residenze fiscali dei titolari di conti finanziari. Banche e intermediari finanziari saranno tenuti – in forza di un provvedimento di prossima emanazione – a raccogliere tutte le informazioni necessarie per far emergere la residenza fiscale dei contribuenti – sia persone fisiche che giuridiche – titolari di conti correnti.
Se dai risultati della verifica emergerà che il soggetto detiene la residenza fiscale in uno dei Paesi aderenti al Crs scatterà la condivisione automatica dei dati con l’Amministrazione finanziaria nazionale dell’intermediario. A quest’ultima spetterà il compito di condividere le informazioni ricevute con il fisco dello Stato di residenza dell’investitore.
Negoziazione Assistita – Diventà una realtà
Accordi tra le parti, procedura e fac-simile di convenzione.
Con la recente riforma della giustizia, è stata concessa alle parti la facoltà di (e quindi non l’obbligatorietà) di utilizzare “la convenzione di negoziazione assistita” prima dell’instaurazione di un procedimento civile. Sappiamo, invece, che, in alcuni casi, essa è invece obbligatoria e condizione di procedibilità dell’azione in tribunale. Tali casi sono tutte le controversie che concernono:
- risarcimenti per sinistri stradali (più precisamente “per danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti)
- richiesta di pagamento (a qualsiasi titolo) per somme fino a 50mila euro, salvo rientri in una delle materie per cui è obbligatoria la mediazione.
Al contrario, la negoziazione assistita facoltativa può avvenire in qualsiasi altra materia a condizione che:
- riguardi diritti indisponibili
- non riguardi materie per cui è prevista la mediazione obbligatoria;
- non riguardi materia di lavoro.
Quanto alla procedura, essa necessita della firma di due diversi contratti:
1. La convenzione di negoziazione assistita vera e propria
Si tratta del contratto con cui le parti si impegnano a “cooperare in buona fede e con lealtà” per il possibile raggiungimento di un accordo. Deve essere necessariamente scritto (a pena di nullità). Con la convenzione di negoziazione assistita le parti si impegnano in un arco temporale ben definito (comunque scelto dalle stesse parti, seppur all’interno di un periodo che non deve essere inferiore al mese e superiore ai tre mesi) a lavorare insieme per il possibile raggiungimento di un accordo. La convenzione è conclusa con l’assistenza di uno o più avvocati: e ciò a differenza di quanto avviene nella negoziazione assistita in materia di famiglia (per separazioni, divorzi o revisioni delle condizioni), dove invece è strettamente necessario un avvocato per parte. In verità su questo punto, la norma non è sufficientemente chiara; pertanto occorrerà attendere i successivi chiarimenti per fornire un’indicazione più precisa. Gli avvocati certificano l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilità professionale. Gli avvocati hanno il dovere deontologico di dare informazione al cliente, all’atto di conferimento dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita. L’avvocato certifica l’autografia della firma apposta dal proprio assistito anche nella procedura dell’invito a stipulare la convenzione.
2. L’accordo stesso che risolve la controversia (se raggiunto)
Tale accordo non deve necessariamente essere una transazione, in quanto non è detto che le parti si debbano fare reciproche concessioni e trovare, per così dire, un incontro “a metà”, ben potendo essere che i mediatori riconoscano la ragione solo a una delle due parti.
In caso di mancato accordo le parti non potranno utilizzare le informazioni ricevute nelle trattative ed eventualmente chiamare a testimoniare l’avvocato e/o gli avvocati che hanno partecipato alla procedura. L’avvocato sottoscrive l’accordo raggiunto dalle parti. Gli avvocati certificano l’autografia delle firme apposte nell’accordo nonché certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Il legale contravviene alle norme deontologiche se impugna un accordo alla cui redazione ha partecipato.Se non si raggiunge un’intesa tra le parti, gli avvocati certificano la dichiarazione di mancato accordo.
3. La procedura
A differenza di quanto avviene nella negoziazione assistita obbligatoria, l’invito che una parte rivolge all’altra a stipulare la negoziazione non sembra essere necessario, e ciò perché le sanzioni che conseguono alla mancata risposta o al rifiuto (tale comportamento, infatti, può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio) non avrebbero senso nella negoziazione facoltativa. Salvo tale precisazione, sembra non esserci ragioni per escludere l’uguaglianza, a livello procedurale, tra le due figure.
4. Effetti dell’accordo
L’accordo raggiunto dalle parti ha efficacia esecutiva al pari di una sentenza o degli altri titoli esecutivi. Quindi, in caso di inadempimento della controparte, non sarà necessario ricorrere al giudice al fine di ottenere una nuova sentenza utile per richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario. L’accordo costituisce altresì titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Di fatto vi è una parificazione, quanto agli effetti, a quanto già stabilito con la mediazione.
All’accordo raggiunto non dovrà essere apposta la formula esecutiva.
Per la trascrizione invece nei pubblici registri dell’accordo, ovviamente nei casi in cui si può trascrivere un atto, serve l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte sull’accordo da un pubblico ufficiale.
Parcheggio dei veicoli nel cortile: decide l'assemblea a maggioranza
Le disposizioni del regolamento di condominio le quali disciplinano l’uso delle parti comuni non hanno natura contrattuale per il solo fatto di essere state approvate all’unanimità. Ne consegue che la clausola del regolamento condominiale, di natura contrattuale, che regola le condizioni delparcheggio dei veicoli dei condomini nel cortile del fabbricato, quale clausola che disciplina modalità di uso e godimento di un bene comune, può ben essere modificata dall’assemblea a maggioranza e non già all’unanimità. Questo il principio che può essere tratto da una recente decisione emessa dalla Seconda Sezione civile della Suprema Corte di cassazione (Cass. civ., Sent. 6 maggio 2014, n. 9681, Rel e Pres. Triola).
Il condomino Tizio impugna innanzi al giudice la delibera con la quale l’assemblea condominiale aveva disposto il parcheggio delle autovetture nel cortile del fabbricato con il sistema della rotazione. A sostegno della impugnazione, deduce che il regolamento di condominio, di natura contrattuale, prevedeva che i veicoli dei condomini e degli inquilini eccedenti determinate dimensioni – e che di conseguenza non potevano parcheggiare in garage – avevano diritto di parcheggio in cortile con le seguenti priorità:
- macchine non parcheggiabili in garage a causa delle proprie dimensioni;
- macchine doppie;
- macchine triple.
In primo grado, il giudice annulla la delibera impugnata. Su appello di alcuni condomini, cui aderiva con appello incidentale in Condominio, la corte distrettuale accoglie le impugnazioni.
Tizio allora impugna con ricorso in cassazione la sentenza della corte d’appello. In particolare, il ricorrente, muovendo dal presupposto della natura “contrattuale” della norma contenuta nel regolamento, giunge a concludere che la stessa non avrebbe potuto essere modificata dall’assemblea se non con il consenso unanime dei condomini. Ma la tesi è smentita dalla Suprema Corte che ritiene infondato l’assunto. Infatti, osserva il giudice di legittimità, la corte del merito, partendo dalla corretta premessa che le disposizioni del regolamento di condominio le quali disciplinano l’uso delle parti comuni non hanno natura “contrattuale” per il solo fatto di essere state approvate all’unanimità, ha ritenuto che la clausola in questione faceva parte del contenuto normale del regolamento di condominio, di cui all’art. 1138, comma 1, cod. civ. E da ciò consegue, conclude la Cassazione, che la predetta clausola ben poteva essere modificata con la maggioranza assembleare prevista dal successivo terzo comma della citata norma.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 6 maggio 2014, n. 9681
Integrale
Condominio – Disposizioni del regolamento condominiale che disciplina l’uso delle parti comuni – Natura contrattuale – Esclusione – Parcheggio insufficiente – Necessità di turnazione – Delibera assembleare che disciplina l’uso del cortile comune
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22759/2008 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
CONDOMINIO VIA (OMISSIS), IN PERSONA DELL’AMM.RE P.T. – P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2037/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, emessa il 07/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/03/2014 dal Presidente Rel. Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine, il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato l’8 gennaio 2002 (OMISSIS) impugnava davanti al Tribunale di Napoli la delibera assunta in data 7 dicembre 2001 dal condominio di via (OMISSIS), in Napoli, di cui faceva parte, e che aveva disposto il parcheggio delle autovetture nel cortile col sistema della rotazione.
In particolare deduceva che il regolamento di condominio, di natura contrattuale, all’articolo 8 prevedeva che le macchine dei condomini e degli inquilini eccedenti determinate dimensioni e che non potevano quindi parcheggiare in garage, avevano diritto di parcheggio in cortile, con le seguenti priorita’: 1) macchine non parcheggiabili in garage a causa delle proprie dimensioni; 2) macchine doppie; 3) macchine triple.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 26 settembre 1996, passata in giudicato, aveva annullato una precedente delibera dello stesso contenuto, per cui l’assemblea non avrebbe potuto disporre nello stesso senso.
Si costituivano i condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), chiedendo il rigetto della impugnazione.
In corso di causa si costituiva anche il condominio, contestando il fondamento della impugnazione.
Nel giudizio interveniva (OMISSIS), che, invece, aderiva alla impugnazione.
Con sentenza in data 17 maggio 2004 il Tribunale di Napoli annullava la delibera.
(OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) proponevano appello, al quale aderiva con appello incidentale il condominio.
Con sentenza in data 27 maggio 2008 la Corte di appello di Napoli accoglieva le impugnazioni.
Secondo i giudici di secondo grado, erroneamente il Tribunale di Napoli aveva ritenuto la natura contrattuale dell’articolo 8 del regolamento, con conseguente immodificabilita’ della disciplina dallo stesso prevista se non all’unanimita’, dal momento che tale disposizione disciplinava il godimento di una parte comune.
Da tale premessa derivava che il giudicato formatosi sulla precedente delibera valeva solo per la situazione di fatto esistente al momento in cui la stessa era stata assunta, ma non impediva una nuova deliberazione ove per il numero delle vetture interessate o per altre circostanze fosse diventato impossibile soddisfare il parcheggio di tutti nel cortile, con conseguente necessita’ di turnazione.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con tre motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS) e il Condominio in (OMISSIS), assistiti dallo stesso difensore.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente insiste nell’invocare il giudicato costituito dalla sentenza del Tribunale di Napoli in data 26 settembre 1996.
Il motivo e’ infondato.
Come chiarito dalla Corte di appello di Napoli il giudicato in questione era soggetto alla clausola implicita rebus sic stantibus, per cui non impediva la possibilita’ di una nuova delibera la quale disciplinasse il parcheggio nel cortile ove fossero mutate le condizioni esistenti all’epoca in cui la prima delibera era stata impugnata.
Con il secondo motivo il ricorrente, sul presupposto della natura contrattuale della clausola di cui all’articolo 8 del regolamento, ribadisce che la stessa non avrebbe potuto essere modificata se non con il consenso unanime dei condomini.
Il motivo e’ infondato.
La Corte di appello, partendo dalla corretta premessa che le disposizioni del regolamento di condominio le quali disciplinano l’uso delle parti comuni non hanno natura contrattuale per il solo fatto che siano state approvate all’unanimita’, ha ritenuto che la clausola in questione faceva parte del contenuto normale del regolamento di condominio, di cui all’articolo 1138 c.c., comma 1, per cui poteva essere modificata con la maggioranza prevista dal successivo terzo comma. Con il terzo motivo il ricorrente deduce che anche volendo ammettere che il precedente giudicato non costituiva causa ostativa alla assunzione di una delibera che disciplinasse l’uso del parcheggio nel cortile comune, la Corte di appello avrebbe dovuto comunque indicare quali erano le mutate condizioni che rendevano legittima la nuova delibera.
Il motivo e’ inammissibile, in quanto introduce una questione che non ha costituito oggetto del giudizio nelle fasi di merito, avendo l’attuale ricorrente, a quanto si ricava dalla sentenza impugnata, invocato sempre e soltanto la natura contrattuale del regolamento e il precedente giudicato, senza mai, neppure in via subordinata, dedurre che comunque la delibera impugnata si basava su presupposti di fatto in realta’ non esistenti.
In definitiva il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, con liquidazione unitaria in favore dei controricorrenti, in quanto assisiti dallo stesso difensore, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella complessiva somma di euro 2.200,00, di cui euro 200 per esborsi.
Approvazione e Revisione delle Tabelle Millesimali
PER APPROVAZIONE E REVISIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI NON SERVE L’UNANIMITA’
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 18 dicembre 2013 – 26 febbraio 2014, n. 4569
(Presidente Oddo – Relatore Manna)
Svolgimento del processo
M.P., usufruttuaria di un appartamento del condominio Palazzo Camera, via G. Amato, 10, Minori, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace di Amalfi su ricorso del condominio stesso per il pagamento della somma di € 729,76 per residui oneri condominiali relativi agli anni 2000-2001. A sostegno dell’opposizione deduceva la carenza di legittimazione processuale dell’amministratore, in quanto cessato dalla carica all’epoca di proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo; la mancata approvazione del rendiconto consuntivo del 2000 e la genericità di quello del 2001; l’illegittima ripartizione delle spese perché operata sulla base di tabelle millesimali mai approvate da tutti i condomini e diverse da quelle di cui al regolamento contrattuale formato nel 1996 all’atto di costituzione del condominio; nonché la riferibilità esclusiva delle spese stesse al solo nudo proprietario, in quanto derivanti da interventi di manutenzione straordinaria dell’edificio.
Il condominio resisteva in giudizio.
Il giudice di pace rigettava l’opposizione, con sentenza confermata dal Tribunale di Salerno in funzione di giudice d’appello.
Quest’ultimo osservava, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, che l’assemblea del condominio con deliberazione del 2.1.1999 aveva adottato, con il consenso unanime di tutti i condomini presenti, tra cui la stessa P., e a maggioranza dei partecipanti al condominio, i nuovi coefficienti di ripartizione delle spese da utilizzarsi ai fini della redazione delle nuove tabelle millesimali, le quali, predisposte secondo le indicazioni delle citata delibera, erano state poi approvate, all’unanimità dei presenti, dall’assemblea del 4.12.1999. La P., proseguiva il Tribunale, non aveva partecipato a quest’ultima assemblea, ma il 3.1.2000 aveva avuto piena cognizione del contenuto della relativa deliberazione, apponendovi in calce la propria firma per accettazione. Pertanto, con la sottoscrizione apposta sia dalla P., sia dagli altri condomini che non avevano partecipato all’assemblea, il requisito di forma necessario per la modifica della tabella doveva ritenersi assolto.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre M.P., in base a tre motivi illustrati successivamente da memoria.
Resiste il condominio con controricorso.
Concesso termine all’amministratore del condominio per produrre l’autorizzazione dell’assemblea condominiale alla proposizione del controricorso, non risulta effettuato alcun deposito.
Motivi della decisione
1. – Col primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 1325 e 1346 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
Sostiene parte ricorrente che il verbale dell’assemblea del 4.12.1999 non riporta, ma si limita a richiamare, le tabelle predisposte dall’ing. C.C. secondo quanto dettato dall’assemblea del condominio in data 2.1.1999. Ne deriva che l’oggetto, requisito essenziale ai sensi dell’art. 1325 c.c., è indeterminato e incerto, con la conseguente invalidità della delibera.
Formula, pertanto, il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile catione temporis alla fattispecie: “dica l’Ecc.ma Corte Suprema che il verbale del 4.12.1999 è invalido perché, non riportando le nuove tabelle, l’oggetto non è stato determinato né è determinabile”.
1.1. – Il motivo è infondato.
E’ pacifico sia in dottrina che nella giurisprudenza di questa Corte che il requisito di determinazione dell’oggetto di cui all’art. 1346 c.c., applicabile anche agli atti unilaterale in base all’art. 1324 c.c., può essere soddisfatto anche per relationem, cioè attraverso una relatio di tipo sostanziale ad altri atti delle stesse parti o di terzi, purché il rinvio riguardi elementi prestabiliti ed aventi una preordinata rilevanza obiettiva (cfr. ex pluribus Cass. n. 534/79).
Tale è, ad evidenza, il caso di specie, in cui il verbale dell’assemblea condominiale del 4.12.1999, in cui furono approvate le nuove tabelle millesimali, richiama, senza per questo trascriverle, le nuove tabelle già predisposte in base a quanto precedentemente stabilito dalla stessa assemblea il 2.1.1999. Non occorreva, pertanto, riprodurre pedissequamente dette tabelle nel verbale del 4.12.1999 per integrare il requisito di cui all’art. 1346 c.c.
2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione degli artt. 1136, 1138, 1350, 1362, 1372 c.c. e 69 disp. att. c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
Il Tribunale, si sostiene, ha richiamato il principio per cui le tabelle millesimali non possono essere modificate se non per iscritto e con il consenso di tutti i condomini, ma in realtà non ne ha fatto applicazione, perché i condomini assenti erano sei, mentre quelli che firmarono per accettazione la delibera del 4.12.1999 furono solo cinque.
Segue il quesito: “dica l’Ecc.ma Corte Suprema che le cosiddette nuove tabelle non sono state validamente approvate col consenso unanime, ed espresso in forma scritta ad substantiam, da tutti i partecipanti alla comunione”.
3. – Il terzo motivo ripropone la medesima doglianza del secondo mezzo, ma sotto il profilo del vizio di omessa o insufficiente motivazione, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
La sentenza impugnata, deduce la ricorrente, non solo non chiarisce donde abbia percepito il consenso unanime di tutti i condomini alla variazione delle tabelle millesimali, ma afferma apoditticamente essere intervenuto il consenso scritto di tutti i condomini, senza verificare se il verbale del 4.12.1999 sia stato sottoscritto da tutti gli intervenuti e se i sei condomini assenti abbiano espresso personalmente il proprio consenso circa la comunicazione del verbale del 3.1.2000.
Propone la seguente sintesi della censura: “dica l’Ecc.ma Corte Suprema che le tabelle allegate al regolamento condominiale contrattuale formato con atto pubblico e trascritto non sono state validamente modificate dalle nuove tabelle, in quanto non è stato espresso in forma scritta ad substantiam il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio”.
4. – Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per il loro complementare riferirsi a distinti profili della medesima questione, sono infondati.
Occorre considerare, infatti, il sopravvenuto nuovo indirizzo di questa Corte in materia, dovuto all’arresto n. 18477/10 delle S.U., in base al quale l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. Infatti, la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, fonte che è costituita dalla legge stessa, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base ad un valutazione tecnica.
4.1. – Ciò posto, ogni questione sull’adesione successiva di tutti e sei ovvero solo di cinque dei condomini assenti perde totalmente di rilievo, essendo sufficiente il raggiungimento – non controverso in causa – della sola prescritta maggioranza qualificata per l’adozione delle nuove tabelle.
5. – In conclusione il ricorso va respinto.
6. – Nulla per le spese, non essendosi validamente perfezionata la difesa del condominio a mezzo del controricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.