Insert Alt text here

Condominio: in carcere per aver fatto cantare i galli

Fa’ un po’ sorridere,
ma è un caso che fa riflettere!
Condominio: in carcere per aver
fatto cantare i galli
Insert Alt text here
E’ un tema questo che riguarda tantissimi di voi e che, spesso, non si sa come gestire. In questo particolare caso si tratta di galli, ma quanti di voi mi contattano perchè non sanno come gestire le immissioni moleste lesive dei diritti dei vostri condomini?
Vi invito a leggere questo caso.
La Cassazione, con sentenza n. 41601/2019, rigetta il ricorso dell’imputato, condannato per il reato di disturbo alle persone perché ha permesso ai propri galli di cantare di giorno e di notte, ignorando per lungo tempo i richiami dell’amministratore di condominio e le lamentele degli altri condomini, che hanno riportato disturbi del sonno documentati, tanto che una di loro ha deciso addirittura di cambiare casa.
La vicenda processuale
La Corte di appello conferma la sentenza con cui il Tribunale ha condannato l’imputato a 20 giorni di arresto, perché ritenuto colpevole del reato di cui agli art. 81 e 659 c.p., in quanto non ha impedito il canto dei suoi tre galli, lasciati liberi in orario notturno e senza le cautele opportune per contenere le emissioni sonore, nonostante le segnalazioni ricevute, disturbando così il riposo di una quantità indeterminata di persone.
Il ricorso in Cassazione
Ricorre in Cassazione l’imputato lamentando:

  • l’omessa motivazione sul mancato riconoscimento della tenuità del fatto, evidenziando come in ogni caso tale giudizio può essere compiuto d’ufficio dalla Corte di legittimità;
  • l’assenza di un adeguato accertamento finalizzato a stabilire nel concreto il superamento della soglia di normale tollerabilità delle emissioni sonore e quindi l’effettivo disturbo recato a un numero indeterminato di persone. Le verifiche svolte sono state effettuate senza l’opportuna strumentazione tecnica e in un arco temporale troppo ristretto, che ha impedito di accertare l’elemento oggettivo del reato contestato. I condomini effettivamente “disturbati” dalle emissioni sonore dei galli inoltre erano solo tre, mentre nessuno, al di fuori del condominio, ha mai avanzato lamentele al riguardo;
  • l’assenza della “suitas” nella condotta e dell’elemento soggettivo del reato contestato, considerato che l’imputato non ha mai avuto coscienza e volontà del fatto che il proprio comportamento omissivo potesse ledere la tranquillità pubblica, ritenendo con certezza, che i suoni provenissero in realtà dai galli di proprietà del vicino di casa, coimputato nello stesso procedimento. Nè poteva considerarsi integrata la colpa generica ascritta, stante la mancata considerazione della buona fede dell’imputato, idonea a incidere sulla valutazione dell’elemento soggettivo;
  • il difetto di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, in quanto non è stata provata la durata prolungata delle emissioni sonore. Il tecnico dell’Arpa ha infatti eseguito i rilievi sono due volte in un arco di tempo molto ristretto. La Corte inoltre non ha considerato che l’imputato, anche per età, ha adottato ogni cautela per impedire qualunque emissione sonora, tenendo un comportamento processuale sempre collaborativo.

Integra disturbo alle persone far cantare i galli senza curarsi delle lamentele
La Cassazione, con sentenza penale n. 41601/2019 dichiara il ricorso inammissibile, motivando sui singoli motivi nel seguente modo:
la condotta per cui si procede, protrattasi per sei mesi non può essere considerata occasionale;
sul secondo e terzo motivo, trattati congiuntamente la Corte rileva come, dalle testimonianze è emerso che i galli e le galline, tenuti dall’imputato nel cortile condominiale cantavano di giorno e di notte, alla vista della luce naturale, dei lampioni e dei fari delle automobili. Questa situazione, prolungatasi nonostante le proteste degli altri abitanti del condominio e i richiami formali dell’amministratore, provocava non pochi disagi ai condomini “impedendo loro di dormire regolarmente e di compiere durante il giorno le ordinarie attività domestiche senza fastidi” al punto che una di loro decideva di cambiare casa. A conferma ulteriori delle dichiarazioni dei testi, tutti convergenti, il tecnico Arpa rilevava, nel corso di due sopralluoghi, che i galli dell’imputato “rinchiusi in una baracca, cantavano per 5-6 minuti a intervalli di 20-30 minuti, venendo calcolati in 18 minuti, 106 eventi sonori, percepibili anche dalla strada, con una frequenza di 10 secondi uno dall’altro.” I galli di proprietà del vicino coimputato inoltre rispondevano ai richiami dei galli dell’odierno ricorrente, amplificando, soprattutto durante la notte, i suoni esterni percepiti dai condomini.
Da qui la configurazione della fattispecie contravvenzionale previsto dall’art 659 c.p “per la cui configurabilità, come più volte precisato da questa Corte (…) non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio.”
Ampiamente provati l’elemento oggettivo del reato, stante il provato superamento della soglia di tollerabilità, come l’elemento soggettivo stante il protrarsi per tre anni della condotta dell’imputato, durante i quali sono adottate le opportune cautele necessarie a contenere il rumore e nonostante i diversi richiami a cui il reo è rimasto indifferente.
Per quanto riguarda infine il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte conferma la correttezza del percorso motivazionale del giudice di merito, poiché “l’imputato, peraltro gravato da precedenti penali anche specifici, ha manifestato una totale noncuranza nei confronti dei propri vicini, dimostrandosi sordo alle loro rimostranze per un prolungato temporale.”
Annamaria Villafrate

La nuova Legge di Bilancio 2020 e gli incentivi dedicati agli immobili

 
La nuova Legge di Bilancio 2020 e gli incentivi dedicati agli immobili
 
Con la nuova Legge di Bilancio 2020 appena approvata, confermate le detrazioni per riqualificazione energetica, ristrutturazioni edilizie, acquisto mobili ed elettrodomestici di classe energetica elevata e, novità nel campo dei lavori edili detraibili, il “bonus facciate” per il rifacimento del look urbano.
È stata approvata dal Consiglio dei Ministri nella notte del 15 ottobre u.s., la nuova Legge di Bilancio 2020 che, oltre alle ben note misure fiscali, alla lotta all’evasione, al rilancio dell’innovazione per le imprese, ecc., conferma (e implementa) le detrazioni fiscali per la casa.
In particolare vengono prorogati i bonus per la riqualificazione energetica e l’installazione di impianti di micro-cogenerazione (il cosiddetto ecobonus ); quelli per le ristrutturazioni edilizie, il cui pacchetto di interventi prevede la novità del “bonus facciate”, una detrazione fiscale mirata al rifacimento degli involucri esterni degli edifici con l’obiettivo di riqualificare sia la costruzione che, in larga scala, il decoro urbano; quelli sull’acquisto di mobili ed elettrodomestici di elevata classe energetica, collegati però alla ristrutturazione della propria abitazione.
La proroga al momento sembrerebbe non variare le percentuali di detrazione già previste con la scorsa Legge di Bilancio 2019, per cui possiamo schematizzarle così:
 
Ecobonus (prorogato per tutto il 2020)
 
50%

  1. sostituzione impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione (efficienza pari almeno alla classe A)
  2. acquisto e posa in opera di finestre (infissi inclusi), di schermature solari e sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore a biomasse combustibili

65%

  1. sostituzione impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione (efficienza pari almeno alla classe A), e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti
  2. impianti ibridi costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione (concepiti per funzionare in abbinato fra loro)
  3. per acquisto e installazione di generatori d’aria calda a condensazione
  4. acquisto e relativa posa in opera di micro-cogeneratori, in sostituzione di impianti già esistenti, purchè comportino un risparmio di energia primaria (PES) pari almeno al 20%
  5. Relativamente alle ristrutturazioni edilizie, la scadenza prevista del 31.12.2019 slitta di un anno con detrazione confermata al 50%:

Ristrutturazioni edilizie
50%

  1. interventi di ristrutturazione con limite di spesa pari a 96.000 € per singola unità immobiliare
  2. applicabile agli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale (comprese quelle rurali e loro pertinenze)
  3. applicabile per i condomini che eseguono lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia su tutte le parti comuni

Come detto, la novità indicata nella nuova Legge di Bilancio 2020 nel campo della riqualificazione edilizia, è relativa al rifacimento delle facciate esterne. Obiettivo è incentivare gli interventi migliorativi sugli involucri esterni soprattutto dei condomini (edifici che troppo spesso, causa costi elevati e difficoltà nei pagamenti da parte degli occupanti, trascurano questo tipo di intervento); la finalità è anche quella di migliorare il decoro urbano, soprattutto nelle periferie e nei centri storici.
 
Bonus facciate
presunto 90%

  1. per interventi migliorativi e di rifacimento delle facciate esterne degli edifici, soprattutto condomini, e delle case con la finalità di elevare il decoro urbano;
  2. il credito fiscale del 90%, sarà riservato a chi interverrà nel corso del 2020 (probabilmente limitatamente a quell’anno) sulla facciata della propria abitazione o del condominio, nel centro storico o in periferia, nelle grandi città o nei piccoli comuni
  3. non rientrerebbero nell’agevolazione fiscale gli immobili non residenziali
  4. la detrazione sarà applicabile solo ai fini Irpef (e non anche Ires).
  5. non è stato precisato in quante rate potrà essere recuperato lo sconto
  6. sembrerebbe esclusa l’applicabilità di tale bonus al fine di raggiungere precisi requisiti di isolamento termico o rendimento energetico, ma solo per interventi migliorativi sugli involucri esterni

Altro bonus confermato è quello relativo all’acquisto di mobili ed elettrodomestici, correlati ai lavori di ristrutturazione della propria abitazione:
Bonus acquisto mobili ed elettrodomestici
50%
acquisto di mobili, con spesa massima di 10.000 € per singola unità immobiliare, per arredi e elettrodomestici a partire dalla classe A+ (destinati all’appartamento in ristrutturazione)
 
Il bonus verde previsto dalla scorsa manovra economica, non risulta presente nella versione 2020.
Angelo Pesce

impianti di ascensore e montacarichi: IVA al 10% anche per la verifica biennale e straordinaria

impianti di ascensore e montacarichi: IVA al 10% anche per la verifica biennale e straordinaria
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n.18 del 24.07.2019, ha confermato la possibilità di applicare l’IVA ridotta al 10% anche alle prestazioni di verifica periodica biennale e straordinaria di ascensori e montacarichi, così come disciplinate dal D.P.R. n.162/1999. (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 2014/33/UE, relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori, nonché per l’esercizio degli ascensori).
 
In merito alle diverse aliquote IVA applicate per la manutenzione degli impianti di ascensore, al fine di comprendere l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, occorre ricordare che già nella circolare del 07.04.2000 n. 71/E e nella successiva n. 15/E del 04.03.2013 la stessa Agenzia aveva chiarito che l’aliquota iva al 10% prevista all’art. 7, comma 1, lettera b), della L. n. 488/1999, fosse applicabile anche alle prestazioni di manutenzione obbligatoria, previste per gli impianti elevatori, in edifici in condominio a prevalente destinazione abitativa, consistenti in verifiche periodiche e nel ripristino della funzionalità, in quanto sono riconducibili ad interventi di manutenzione ordinaria.
Ricordiamo che gli articoli 13 e 14 del D.P.R. del 30.04.1999, n. 162, Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 2014/33/UE, relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori, nonché per l’esercizio degli ascensori, disciplinano le verifiche periodiche sugli ascensori e montacarichi al fine di garantirne la piena funzionalità degli impianti, precisando che possono essere effettuate anche da organismi di certificazione notificati.
In particolare, l’art. 13, 2° comma, prevede che le operazioni di verifica periodica siano dirette ad accertare la regolare efficienza, funzionalità delle parti dalle quali dipende la sicurezza di esercizio dell’impianto e l’ottemperanza alle prescrizioni eventualmente impartite in precedenti verifiche. L’art. 14 del D.P.R. n. 162/1999 stabilisce, inoltre, che il controllo straordinario possa essere eseguito dai medesimi soggetti già abilitati per le verifiche periodiche e mira a verificare che siano state rimosse le cause che hanno determinato l’eventuale esito negativo della verifica periodica.
Sia la verifica periodica che la verifica straordinaria sono obbligatorie per legge ed hanno lo scopo di accertare la funzionalità e la sicurezza dell’impianto di ascensore.
Sulla base di queste considerazioni, l’Agenzia delle Entrate conclude che per tutte le verifiche indicate dagli articoli 13 e 14 del DPR 162/99 sono assoggettate all’IVA ridotta al 10% in quanto riconducibili a prestazioni svolte nell’ambito della manutenzione ordinaria, sempre che trattasi di impianti elevatori installati in fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.
Pertanto, il requisito fondamentale per beneficiare dell’applicazione dell’IVA ridotta al 10% è la “prevalente destinazione abitativa del fabbricato” ove è installato l’impianto di ascensore o montacarichi.
A seguito di questa importante risoluzione, molte società che si occupano delle verifiche straordinarie e biennali hanno già inviato ai propri clienti la richiesta di specificare, per ogni impianto manutenuto, la prevalente destinazione abitativa, in modo da applicare l’aliquota IVA ridotta al 10%.
 
In merito alle barriere architettoniche, l’Agenzia delle Entrate, riprende la circolare del 24 febbraio 1998 n.57/E relativa all’elencazione delle diverse categorie di lavori ed opere dirette all’eliminazione delle barriere, tra cui appunto anche il rifacimento di scale ed ascensori, che già prevedeva l’applicazione dell’IVA ridotta al 4%.
Viene confermato, pertanto, che nella specifica ipotesi di installazione di ascensori in edifici esistenti a prevalente destinazione abitativa, effettuata nell’ambito di contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione di opere destinate all’eliminazione e/o al superamento delle barriere architettoniche, si applica l’Iva ridotta del 4%.
L’Agenzia sottolinea che al di fuori di dette ipotesi, l’installazione di ascensore dovrà configurarsi come manutenzione straordinaria soggetta all’IVA del 10%.
Infine, per quanto riguarda i diversi corrispettivi assoggettati a ritenuta d’acconto, l’Agenzia ha chiarito che quelli relativi alle verifiche di cui agli articoli 13 e 14 del d.P.R. n. 162 del 1999, di impianti elevatori installati in fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, debbano essere assoggettati alla ritenuta del 4% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito, mentre i corrispettivi relativi ai servizi aggiuntivi dell’impresa di manutenzione, come ad esempio quelli per garantire l’intervento anche nelle ore festive e notturne, nonché quelli relativi alla concessione in comodato di una sim card atta a garantire il collegamento telefonico dei dispostivi di telesoccorso, non debbano essere soggetti a ritenuta d’acconto, atteso che tali somme non sono corrisposte in relazione ad interventi ma costituiscono il controvalore di ulteriori ed eventuali obbligazioni assunte dall’ impresa che cura la manutenzione.
Avv. Giuliana Bartiromo
 

COMPRENDIAMO IL NOSTRO VALORE E QUELLO DEL NOSTRO LAVORO.

COMPRENDIAMO IL NOSTRO VALORE E QUELLO DEL NOSTRO LAVORO.
Un padre prima di morire disse a suo figlio:
“Questo è un orologio che tuo nonno mi ha regalato. Ha più di 200 anni, ma prima che te lo dia, vai al negozio di orologi e digli che voglio venderlo, vedi quanto ti offrono”.

Il figlio fece come disse il padre e ci andò,
tornò da suo padre, e disse: “l’Orologiaio vuole offrirmi 5 euro perché è vecchio”.
Il padre allora rispose: “Vai al Museo e mostra quell’orologio”.
Non perse neanche un secondo, corse immediatamente al museo. Tornato da suo padre gli disse: “Mi hanno offerto un milione di euro per questo orologio”.
Il padre lo guardò sorridendo dicendogli:
“Volevo farti sapere che il posto adeguato mette in risalto il tuo valore nel modo giusto, quindi non stare nel luogo sbagliato, ed arrabbiati se non lo fai. Chi conosce il tuo valore è chi ti apprezza, non stare in un posto che non ti soddisfa”.

Normativa antincendi: in arrivo le REGOLE TECNICHE PER I CONDOMINI

Mancano gli ultimi ritocchi e sarà pronta la normativa prestazionale per la prevenzione degli incendi negli edifici di civile abitazione di altezza superiore a 24 metri.
La c.d. Regola tecnica verticale (Rtv), in fase di definizione da parte del Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi (CCTS), verrà introdotta nel “Codice di prevenzione incendi” di cui al D.M. del 3 agosto 2015 (Codice di prevenzioni incendi), oggetto di profonde modifiche negli ultimi tempi.
NORMATIVA ANTINCENDI: LE NOVITÀ
Importanti modifiche sulla sicurezza antincendio, per quanto riguarda gli edifici di civile abitazione, sono state introdotte già con il decreto del 25 gennaio 2019 che ha tenuto conto dell’evoluzione in materia di prevenzione incendi avvenuta negli ultimi trent’anni. La normativa si applica agli edifici residenziali di nuova realizzazione nonché a quelli esistenti alla data di entrata in vigore del decreto.
Questi ultimi dovranno allinearsi alle disposizioni dell’allegato entro 2 anni (maggio 2021) dall’entrata in vigore del provvedimento, per quanto riguarda le disposizioni sull’installazione, ove prevista, degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio (previste per altezze antincendio superiori a 54 metri) e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza. Per adeguarsi alle restanti disposizioni, invece, ci sarà tempo entro maggio 2020.
L’obiettivo sostanziale è stato quello di migliorare la gestione della sicurezza negli edifici di grande altezza attraverso l’adozione di misure idonee, tenuto conto del livello di rischio. Ulteriori modifiche al Codice di prevenzione incendi sono giunte a seguito dell’approvazione e pubblicazione in G.U. del decreto del 12 aprile 2019, che saranno in vigore dal prossimo 21 ottobre.
Il recente provvedimento, tra l’altro, ha previsto l’eliminazione del c.d. doppio binario per la per la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco.
LA REGOLA TECNICA VERTICALE
La nuova Regola Tecnica Prestazionale (la bozza qui sotto allegata) reca disposizioni di prevenzione incendi riguardanti gli edifici di civile abitazione di altezza antincendio maggiore di 24 m, ad esempio i Condomini, ovvero edifici destinati prevalentemente ad abitazione includenti anche negozi, magazzini, autorimesse, attività professionali.
Gli obblighi variano in relazione ai c.d. Livelli di Prestazione Antincendio attribuiti in base all’altezza antincendio dell’edificio ovvero l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso.
Ai fini della regola tecnica, gli edifici di civile abitazione sono classificati come segue, in relazione alla massima quota dei piani h:
HC: h ≤ 32 m;
HD: h ≤ 54 m;
HE: h ≤ 80 m;
HF: h > 80 m;
Per ogni categoria sono indicati i compiti e le funzioni del Responsabile dell’attività e degli occupanti in caso di emergenza, ribaditi anche nella nuova RTV.
 
MOLTE DI TALI RESPONSABILITÀ INVESTIRANNO L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO.
 
RESPONSABILE DELL’ATTIVITÀ
La regola tecnica stabilisce che il responsabile dell’attività debba organizzare la Gestione della Sicurezza Antincendio tramite:
a. adozione e verifica periodica delle misure antincendio preventive;
b. per le aree comuni, verifica dell’osservanza dei divieti, delle limitazioni e delle condizioni normali di esercizio;
c. mantenimento in efficienza dei sistemi, dispositivi, attrezzature e delle altre misure antincendio adottate, effettuando verifiche di controllo ed interventi di manutenzione, riportando gli esiti in un registro dei controlli;
d. predisposizione, verifica ed aggiornamento periodico della pianificazione d’emergenza;
e. apposizione di segnaletica di sicurezza (es. divieti, avvertimenti, evacuazione, …);
f. informazione agli occupanti sulle misure antincendio preventive che essi devono osservare e sulle procedure di emergenza da adottare in caso d’incendio, anche tramite invio o pubblicazione in area comune dell’edificio di sintetiche schede informative, comprensibili a tutti gli occupanti.
MISURE PREVENTIVE
Nel dettaglio, per quanto riguarda le misure preventive che dovranno essere attuate, la RTV precisa che queste consistono almeno in:
a. corretto deposito ed impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose;
b. mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente fruibili:
c. corretta manutenzione ed esercizio delle chiusure tagliafuoco dei varchi tra compartimenti;
d. riduzione delle sorgenti di innesco (es. limitazioni nell’uso di fiamme libere senza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, divieto di impiego di apparecchiature elettriche malfunzionanti o impropriamente impiegate, …);
e. gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivi e di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio (es. lavori a caldo, …), temporanea disattivazione di impianti di sicurezza, temporanea sospensione della continuità della compartimentazione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (es. solventi, colle, …);
f. valutazione dei rischi di incendio in caso di modifiche all’attività (es. alle strutture, alle finiture, al rivestimento delle facciate, all’isolamento termico e acustico e agli impianti, …).
PIANIFICAZIONE DELL’EMERGENZA
Infine, per quanto riguarda la pianificazione dell’emergenza, che dovrà essere necessariamente predisposta per tutti gli edifici di altezza superiore ai 24 metri, sarà necessaria una verifica particolarmente rigorosa e un aggiornamento sempre costante.
La pianificazione d’emergenza dovrà riguardare almeno:
a. istruzioni per la chiamata di soccorso, comprensive delle informazioni da fornire per consentire un efficace soccorso;
b. istruzioni per diffondere l’allarme a tutti gli occupanti; ove presente IRAI, la pianificazione d’emergenza deve contenere le procedure di attivazione e diffusione dell’allarme;
c. istruzioni per l’esodo degli occupanti, anche in relazione alla presenza di occupanti con specifiche esigenze;
d. azioni da effettuarsi per la messa in sicurezza di apparecchiature ed impianti (es. sezionamento della distribuzione del gas naturale, …);
e. informazioni da fornire alle squadre di soccorso intervenute sul posto (es. planimetrie, ubicazione dei quadri di controllo degli impianti, presenza di occupanti con specifiche esigenze, …);
f. divieto di utilizzo degli ascensori per l’evacuazione in caso di incendio, ad eccezione degli eventuali ascensori antincendio da utilizzare secondo le modalità previste;
g. divieto di rientrare nell’edificio fino al termine dell’emergenza.
COORDINATORE DELL’EMERGENZA
Negli edifici di tipo HE ed HF il responsabile dell’attività dovrà designare anche uno o più coordinatori dell’emergenza e comunicare loro le necessarie informazioni e procedure contenute nella pianificazione d’emergenza.
I coordinatori dell’emergenza, che dovranno essere formati come addetti antincendio, sovrintendono all’attuazione della pianificazione d’emergenza e delle misure di evacuazione previste, interfacciandosi con i responsabili delle squadre di soccorso.
Il ruolo di coordinatore dell’emergenza può essere svolto da un servizio di vigilanza esterno oppure anche dagli stessi occupanti dell’attività, se opportunamente formati come addetti antincendio.
 
Lucia Izzo
 

Installazione ex novo di un ascensore e sostituzione di quello esistente: quali maggioranze per deliberare e come ripartire la spesa tra i condòmini?

Installazione ex novo di un ascensore e sostituzione di quello esistente: quali maggioranze per deliberare e come ripartire la spesa tra i condòmini?
Avv. Alessandro Gallucci
 
Installazione ex novo di un ascensore e sostituzione dell’impianto esistente.
Ci sono differenze ?
La deliberazione ha ad oggetto due ipotesi differenti, ma comunque simili, o installazione ex novo e sostituzione dell’ascensore si pongono su due piani completamente distinti?
Decisa la installazione ex novo dell’ascensore, ovvero la sua sostituzione, come vanno ripartite le spese inerenti ai rispettivi interventi?
=> Alle spese di sostituzione dell’ascensore concorrono anche i condomini proprietari dei negozi.
La sospensione dei servizi comuni ai condomini morosi
 
Domande che sovente vengono poste alla nostra redazione, o che divengono oggetto di discussione nel nostro forum.
Le risposte sembrerebbero abbastanza agevoli, ma è comunque utile soffermarsi sugli aspetti più particolari delle fattispecie, guardando anche alle pronunce giurisprudenziali in materia
Installazione ex novo di un ascensore, è un’innovazione
Costante giurisprudenza ci insegna che non tutte le opere modificative delle cose comuni vanno considerate innovative.
Per la Cassazione sono tali solamente quelle modifiche la cui esecuzione comporta un mutamento di destinazione d’uso di una parte comune, ovvero una consistenza materiale differente delle cose comuni oggetto d’intervento (Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
L’installazione di un ascensore è certamente un’innovazione. Data la sua utilità, cioè dato il fatto che la presenza dell’impianto in esame consente il superamento delle barrire architettoniche, non v’è dubbio, in ragione di quanto disposto dall’art. 1120, secondo comma, c.c. e dalla legge n. 13/89, che la sua installazione, fermi restando i divieti di cui al medesimo art. 1120 c.c. (divieto di recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di alterare il decoro architettonico o di rendere talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.), possa essere deliberata dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza dei presenti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
L’installazione di un ascensore è innovazione gravosa suscettibile d’utilizzazione separata e come tale soggetta a quanto disposto dall’art. 1121 c.c. che stabilisce regole di esenzione spese per chi non intenda partecipare all’installazione ed all’uso dell’ascensore.
Sostituzione di un ascensore, è opera straordinaria di notevole entità
Ai fini della individuazione dei quorum deliberativi non c’è differenza tra installazione ex novo dell’ascensore e sostituzione dell’impianto. Questa ultima va considerata opera di notevole entità e quindi soggetta alle medesime maggioranze previste per le innovazioni, senza possibilità per i dissenzienti di esonerarsi dalla spesa.
Installazione ex novo di un ascensore e sua sostituzione, il modo della ripartizione delle spese
Come si diceva la giurisprudenza si è soffermata sulla differenza tra installazione ex novo dell’impianto di ascensore e sua sostituzione anche ai fini dell’individuazione delle norme applicabili per la ripartizione delle spese.
La prima deve essere considerata un’innovazione, perciò la spesa che ne discende, in osservanza di quanto prescritto dal primo comma dell’art. 1123 c.c., deve essere ripartita tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I costi per la seconda tipologia d’intervento, invece, dovendo essere equiparata ad un’opera manutentiva e/o ricostruttiva, devono essere suddivisi sulla base delle tabelle millesimali redatte in conformità dei dettami contenuti nell’art. 1124 c.c.
=> Per le spese riguardanti l’installazione dell’ascensore ex novo, si applica l’articolo 1124 del codice civile?
In un caso specifico, ad esempio, un giudizio è stato instaurato da un condòmino , impugnando una deliberazione assembleare della quale era stata chiesta la dichiarazione d’invalidità, in quanto, decidendosi sulla sostituzione di un ascensore s’era statuito che la relativa spesa doveva essere ripartita sulla base dei millesimi di proprietà.
Il giudice adito ha concluso per la nullità, sul punto, della decisione dell’assise specificando che «la materia del contendere, osserva il giudicante che il criterio di ripartizione della spesa relativa alla ricostruzione dell’ascensore si palesa del tutto erroneo ed illegittimo e, dunque, tale da comportare, di per sé, la parziale nullità dell’impugnata delibera. Invero, la Suprema Corte – con un indirizzo ormai consolidato, e che si ritiene pienamente condivisibile – ha affermato che in ordine alla ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione relative all’ascensore destinato all’uso comune di un edificio in condominio, va applicata – in mancanza di una specifica disposizione di legge al riguardo, ed identica essendone la ratio – la regola dettata dall’art. 1124 c.c. per le scale del fabbricato. Tali spese vanno, di conseguenza, ripartite per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Per converso, laddove si verta in ipotesi, non già di ricostruzione o manutenzione di un ascensore già esistente, bensì di installazione ex novo dell’impianto dell’ascensore, trova applicazione la disciplina all’art. 1123 c.c., giacché ci si trova in presenza di un riparto dì innovazioni deliberate dalla maggioranza, da dividere in proporzione della proprietà di ciascun condomino (cfr., nei sensi suindicati, Cass. 04/5975, Cass. 99/2833, Cass. 96/165, Cass. 91/5479, Cass. 69/3514). La ratio di tale diversificazione di disciplina la si coglie, in verità, del tutto agevolmente, se solo si considera che la sostituzione di ascensori usurati, non più agibili, o anche semplicemente non particolarmente efficienti, con ascensori nuovi, non costituisce innovazione, ai sensi degli artt. 1120 e 1123 c.c. Difatti, le cose comuni oggetto delle modifiche (il vano ascensore con le strutture ed i locali annessi) non subiscono alcuna sostanziale modifica e conservano la loro destinazione al servizio ascensore, e neppure subisce alcun mutamento di struttura l’edificio condominiale nel suo complesso, il quale, viceversa, conserva un servizio del quale è già dotato (Cass. 69/3514, Cass. 81/4646). Di contro, l’installazione ex novo dell’ascensore, in un fabbricato che prima ne era sprovvisto, importa una modificazione nella determinazione delle trombe delle scale, dei pianerottoli, degli anditi, tale da costituire, senza dubbio, un’innovazione, soggetta, di conseguenza, alla disciplina di cui agli artt. 1120 e 1123 c.c. (Cass. 72/156, Cass. 75/2696. Cass. 00/1529)» (Trib. Salerno n. 1995/10).
Il tutto, è bene ricordarlo, poiché la deliberazione era stata votata a maggioranza. La deroga dei criteri di ripartizione, infatti, se adottata all’unanimità, è sempre valida (art. 1123, primo comma, c.c.).
Diverso, almeno per la più autorevole giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 4806/05), il caso dell’errore nella scelta del criterio di riparto. In tal ipotesi la deliberazione, dice la Cassazione, andrebbe considerata annullabile e non nulla, perché l’assemblea avrebbe solamente errato nell’esercizio delle proprie prerogative e non stabilito l’applicazione di un criterio in deroga. Che si tratti di errore o deroga va valutato caso per caso in ragione del contenuto del verbale.
 
 

Sovraindebitamento in ambito condominiale

La questione relativa all’applicabilità delle procedure da sovrandebitamento previste dalla legge n. 3/2012 ruota tutta intorno alla definizione di consumatore.
Vediamo come la giurisprudenza considera il singolo condomino e il condominio per comprendere se anche questi soggetti possono ricorrere e in che modo alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Il sovraindebitamento, così come definito dall’art. 6 della legge n. 3/2012 è “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.”
Lo stesso articolo definisce poi il consumatore come “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.”
La legge, soprannominata “salva suicidipermette a coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economica di liberarsi dai propri debiti avviando particolari procedure. La normativa rivolta ai consumatori e ai soggetti non sottoponibili al fallimento (concetto ormai superato con il Codice della crisi e dell’insolvenza) prevede tre alternative per liberarsi dai debiti, senza saldare per intero i debiti:
1) procedere a un accordo di ristrutturazione del debito che richiede l’accettazione da almeno quei creditori che rappresentino il 60% del credito;
2) avviare un piano del consumatore che invece non richiede alcun consenso;
3) liquidare il patrimonio del debitore.
Singolo condomino e sovraindebitamento
Ora, la legge sul sovraindebitamento, nel definire il consumatore fa riferimento alla persona fisica che ha assunto delle obbligazioni per ragioni diverse da quella di natura imprenditoriale, ne consegue che anche il singolo condomino, se ha maturato un debito troppo elevato nei confronti del condominio per rate condominiali non pagato, non incontra ostacoli nell’accedere a una delle misure viste prime per liberarsene. Naturalmente ogni opzione, come visto comporterà, da parte del condominio, l’obbligo di attenersi a regole diverse.
Se il condomino dovesse proporre un accordo di ristrutturazione, che presuppone come anticipato, l’accordo dei debitori, l’assemblea del condominio dovrà accettare con le maggioranze richieste dall’art 1336 c.c.
Il discorso cambia se il singolo condomino propone un semplice piano del consumatore o se viene avviata una procedura di liquidazione del patrimonio. In questo caso l’assemblea non deve votare alcunché, può solo contestare la convenienza della procedura prescelta, nella speranza che il giudice non la omologhi.
Condominio debitore e sovraindebitamento
La riposta a questa domanda risulta più complessa rispetto all’applicabilità delle procedure da sovraindebitamento ai singoli condomini. Dalla lettura del suddetto art. 6 della legge n. 3/2102 appare chiaro il riferimento al consumatore persona fisica “che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Quindi la questione è: il condominio può essere considerato un consumatore e come tale avvalersi delle procedure da sovraindebitamento se ha maturato debiti nei confronti di terzi?
Ora, l’ordinanza n. 452/2005 della Cassazione ritiene che i debiti verso terzi, di fatto, vengono assunti dai singoli condomini. Sono loro i soggetti vincolati dai contratti che l’amministratore firma come rappresentante del condominio. Per cui, visto che i singoli condomini, nel momento in cui danno il loro consenso ad assumere obbligazioni verso terzi per il condominio (Es. lavori di ristrutturazione o riparazione dell’immobile), agiscono come privati, sono persone fisiche, per interessi estranei a qualsiasi attività imprenditoriale e sono quindi consumatori, a loro sono applicabili le procedure da sovraindebitamento.
Come precisato anche di recente dal Tribunale di Bergamo il 19 gennaio 2019 “appare corretta e coerente con la disciplina dettata dalla legge 3/2012, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso depositato dal condominio in quanto soggetto privo dei requisiti di cui all’art. 6 perché non riconducibile ad una “persona fisica“.
Del resto, come ribadito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 10679/2015 “Va ricordato che al contratto concluso con il professionista dall’amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la normativa a tutela del consumatore, atteso che l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (Cass. 10086/01;452/05).
Annamaria Villafrate 
 

Urina del cane, facciate condominiali e multe al proprietario dell'animale

 
 
I
Urina del cane, facciate condominiali e multe al proprietario dell’animale
Multa ai proprietari dei cani che non puliscono pipì e altre deiezioni del proprio cane
Fine modulo
Le facciate condominiali e le responsabilità del proprietario del cane. In argomenti, i giudici di legittimità hanno evidenziato che l’azione di un cane che – condotto dal proprietario sulla pubblica via – imbratti con urina la facciata di un edificio dichiarato di notevole interesse storico architettonico va qualificata, in assenza di elementi che denotino una volontà di segno contrario, come attività di malgoverno del rischio stesso, dipendente da disattenzione, sciatteria o, più semplicemente da imperizia nella conduzione dell’animale, situazione comunque riconducibile alla sfera della colpa, ma non certo del dolo, neppure nella forma di quello eventuale (Cass. Pen. Sez. II, n. 7082 del 18/02/2015).
Tale è la fattispecie nella quale la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente l’elemento psicologico richiesto per la configurabilità del reato di cui all’art. 639, comma 2°, c.p., anche in considerazione del fatto che l’imputato avesse con sé una bottiglietta d’acqua, da lui versata sul muro dello stabile al fine di ripulire nell’immediatezza la parte lordata con l’urina del cane.
=> Proprietario dei cani condannato al risarcimento dei danni causati dal cattivo odore.
Il caso di Genova. Da quanto appreso dagli organi di stampa, la delibera de del comune del capoluogo ligure di modifica del regolamento comunale, prevede fino a 300 euro di multa ai proprietari dei cani che non puliscono pipì e altre deiezioni dell’amico a quattro zampe.
Per evitare multe salate bisognerà munirsi di bottiglietta e stare vigili, e pronti a pulire, nel momento in cui Fido fa i suoi bisogni.
Animali in condominio tutele e responsabilità
 
Secondo uno dei consiglieri, «il lavoro svolto in commissione dimostra l’interesse da parte di tutti di riconoscere il cambiamento in atto nella nostra società, dato dalla presenza di quasi 65mila cani all’interno delle nostre famiglie e della necessità di adeguare i servizi erogati da Amiu, chiedendo anche un aiuto ai padroni.
Un piccolo passo verso il miglioramento della convivenza civile con gli animali d’affezione».
Secondo le notizie riportate da altra testata, in particolare del veterinario e presidente della Lega Nazionale per la Difesa del Cane della sezione di Genova: “La legge non prevede la bottiglietta d’acqua, perché la 23/2000 indica solo l’obbligo di pulire le deiezioni solide, ma l’idea di portare l’acqua anche per quelle liquide è giustissima, perché, prima di tutto, vanno educati i proprietari degli animali.
Inoltre portare l’acqua non è un grande sacrificio e, soprattutto in estate, serve anche a dare da bere al cane“.
Diversamente, da ciò, altro consigliere ha manifestato contrarietà in quanto per un anziano o per chi è affetto da gravi patologie il peso della bottiglietta d’acqua può costituire un problema.
=> I vigili urbani possono sanzionare i proprietari dei cani in virtù del regolamento comunale
Altri precedenti. Nel Comune di Savona, gli agenti della polizia municipale hanno sanzionato diversi cittadini in quanto questi non avevano in dotazione la bottiglietta di acqua per la pulizia dell’urina su strada degli amici a quattro zampe.
Gli agenti in questione non avevano fatto altro che applicare il regolamento esecutivo dal 26 marzo 2018 recante le disposizioni “della convivenza civile e carta etica” che prevedeva che chiunque accompagni o abbia in custodia l’animale deve sempre essere in possesso di una … “bottiglietta d’acqua per diluire immediatamente le deiezioni liquide o lavare lo sporco eventualmente lasciato dalle deiezioni solide avendo cura che ciò non possa costituire pericolo di scivolamento per le persone”.
Anche in tal situazione, la violazione prevedeva la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una sanzione amministrativa di carattere pecuniario da € 50,00 a € 500,00, con l’obbligo del ripristino immediato dello stato dei luoghi a cura del trasgressore.
Anche in Torre del Benaco (in provincia di Verona) il proprietario è stato ritenuto colpevole di non aver pulito la sede stradale dopo che i suoi due cani avevano urinato su un cestino situato nei pressi di un ristorante.
Per tali motivi è stato sanzionato a 157,00 euro per il mancato rispetto dell’ordinanza che, tra i divieti e obblighi nel centro storico, prevede anche che l’urina degli animali vada subito pulita con acqua, pena la sanzione pecuniaria amministrativa.
=> Il cane sporca la biancheria del vicino? Nessun reato per il proprietario
In conclusione, in tema condominio, il condomino disturbato, può, anche sulla base dell’art. 844 c.c., può rivolgersi al giudice civile e richiedere la cessazione delle immissioni illecite ed il risarcimento danni (Trib. Bari 12 aprile 2006.
In quest’ottica, una pronuncia di merito ha ritenuto che la detenzione di un animale può integrare in astratto la fattispecie di cui all’art. 844 c.c., in quanto tale norma, interpretata estensivamente, è suscettibile di trovare applicazione in tutte le ipotesi di immissioni che provochino una situazione di intollerabilità attuale, per cui il condominio risponde, a norma dell’art. 2043 c.c. per non aver inibito la condotta illecita del condomino proprietario del cane, del danno alla tranquillità e delle conseguenze sulla qualità della vita, conseguenti alle esalazioni degli escrementi e dell’urina) [1] .
[1] TARANTINO M. “Animali in condominio. Tutele e responsabilità”, Condominioweb, 2019, p.
 

Normativa antincendio. Per i condomini con altezze superiori a 24 metri saranno implementate le responsabilità a carico dell'amministratore di condominio

Normativa antincendio. Per i condomini con altezze superiori a 24 metri saranno implementate le responsabilità a carico dell’amministratore di condominio
Ecco la bozza della nuova regola tecnica prestazionale per l’antincendio in condomini di altezza superiore a 24 mt.
 
Con la definizione della nuova Regola Tecnica Prestazionale per l’antincendio nei condomini con altezze superiori ai 24 metri, in dirittura di arrivo e rientrante nel Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 03.08.2015, in fase di revisione), e dopo l’entrata in vigore del Decreto 25.01.2019 sulle norme antincendio per gli edifici di civile abitazione, aumentano le responsabilità a carico dell’amministratore.
=> Nuove norme antincendio. Dal 6 Maggio si cambia. Pianificazione e gestione dell’emergenza: il ruolo dell’amministratore di condominio
Dopo l’entrata in vigore, lo scorso 6 maggio 2019, del Decreto 25 gennaio 2019 che apporta “Modifiche ed integrazioni all’allegato del Decreto 16 maggio 1987, n. 246 concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione”, tutti gli edifici residenziali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto, dovranno allinearsi alle disposizioni riportate nell’All. 1 secondo queste tempistiche e termini:

  • 2 anni (maggio 2021): adeguamento alle disposizioni riguardanti l’installazione degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio (previste per altezze antincendio superiori a 54 metri) e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza (previsti in caso di altezza antincendio maggiore di 80 metri);
  • 1 anno (maggio 2020): adeguamento alle restanti disposizioni indicate nel decreto (adozione di tutte le disposizioni antincendio e di quelle atte a garantire l’esodo in caso di incendio in totale sicurezza).

In base a quanto stabilito dal Decreto in merito alla gestione della sicurezza, questa varia sulla base dei Livelli di Prestazione Antincendio legati all’altezza antincendio dell’edificio (cioè l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile – escluse quelle dei vani tecnici – al livello del piano esterno più basso).
=> A Maggio 2020 entreranno in vigore le nuove norme diversificate in base alle altezze degli edifici
Per ciascuna delle quattro categorie [1] , il Decreto detta i ruoli e le funzioni sia del responsabile dell’attività antincendio che degli occupanti in caso di emergenza; in tale ottica l’amministratore viene investito da una serie di responsabilità inerenti le misure antincendio preventive e la pianificazione dell’emergenza.
Tali responsabilità sono ribadite anche nella normativa prestazionale di prevenzione incendi per i condomini di altezza antincendio superiore a 24 metri, la nuova RTV (Regola Tecnica Verticale), attualmente in fase di definizione in sede al Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi (CCTS).
La nuova RTV non potrà prescindere, però, dalle misure previste per tutte quelle attività rientranti nel campo di applicazione del Codicedi Prevenzione Incendi (D.M. 03.08.2015, anch’esso in fase di revisione) e contenute nella Regola Tecnica Orizzontale (RTO), e da eventuali altre Regole Tecniche Verticali quali, ad esempio, quelle relative alle aree a rischio specifico e ai vani degli ascensori.
Sulla base della bozza in discussione, che riporta indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO, l’amministratore dovrà adottare una serie di misure preventive che si possono così sintetizzare:

Misure preventive antincendio:
corretto deposito ed impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose;
mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente frui­bili;
corretta manutenzione ed esercizio delle chiusure tagliafuoco dei varchi tra compartimenti;
riduzione delle sorgenti di innesco (es. limitazioni nell’uso di fiamme libere senza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, di­vieto di impiego di apparecchiature elettriche malfunzionanti o impropria­mente impiegate, …).
È’ compito dell’amministratore anche valutare il rischio incendio aggiuntivo derivante da eventuali lavori di manutenzione o da modifiche all’attività, per il quale dovrà occuparsi della:
gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivi e di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio (es. lavori a caldo), temporanea disattivazione di impianti di sicurezza, temporanea sospensione della continuità della compartimenta­zione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (es. solventi, colle);
valutazione dei rischi di incendio in caso di modifiche all’attività (es. alle strutture, alle finiture, al rivestimento delle facciate, all’isolamento termico e acustico e agli impianti, ecc.).

Anche la pianificazione dell’emergenza, che dovrà essere predisposta per tutti gli edifici di altezze superiori ai 24 mt., richiede un’attenta verifica nonché un costante aggiornamento e lo stesso amministratore dovrà accertarsi che tutti gli occupanti dell’immobile siano informati sulle misure antincendio preventive e sulle procedure da seguire e i comportamenti da adottare in caso di incendio (istruzioni per la chiamata di soccorso e la diffusione dell’allarme, indicazioni sulle vie di fuga e sul corretto esodo degli occupanti, messa in sicurezza degli impianti, divieto di utilizzo degli ascensori se non antincendio, ecc.).
Per gli edifici di altezze superiori ai 54 mt. la nuova RTV prevede la figura del (o dei) coordinatore dell’emergenza [2] , che dovrà sovrintendere all’attuazione della pianificazione dell’emergenza e delle misure di evacuazione previste.
Dovrebbe essere compito dell’amministratore individuare e nominare tale figura professionale, come anche quello di predisporre un apposito centro di gestione delle emergenze per gli edifici di altezza superiore a 80 mt.
[1] Sulla base dell’altezza antincendio degli edifici, il Decreto fissa quattro categorie:
L.P.0 per gli edifici di altezza antincendi da 12 metri a 24 metri;
L.P.1 per gli edifici di altezza antincendi da 24 metri a 54 metri;
L.P.2 per gli edifici di altezza antincendi da oltre 54 metri fino a 80 metri;
L.P.3 per gli edifici di altezza antincendi oltre 80 metri.
[2] Il ruolo di coordinatore dell’emergenza può essere svolto da un servizio di vigilanza esterno oppu­re anche dagli stessi occupanti dell’attività, se opportunamente formati come addetti antincendio; almeno uno dei coordinatori deve essere continuamente presente presso l’attività; in alternativa può essere garantito un servizio continuo di pronta disponibilità entro 30 minuti dalla chiamata.
 

I millesimi.

I millesimi. 
Di fronte al problema di come suddividere le spese condominiali, capita spesso di sentire in assemblea commenti davvero accorati del tipo “ma non è giusto!”, specie in riferimento ai lavori straordinari. Tolte le persone in malafede che pur di veder ridotta la propria rata non accettano ragioni (se non la propria), ecco qualche dritta su come approcciarsi alle tabelle millesimali.
Le parti comuni sono di proprietà (e a carico) di ciascun condomino in ragione del valore della propria unità abitativa, relativamente al valore delle altre unità (così indica la legge). Il valore però NON può intendersi come quello commerciale: andrebbe altrimenti rivisto ogni volta che avviene una compravendita, e periodicamente occorrerebbe un controllo sul mantenimento del valore interno di ciascun appartamento (migliorie come infissi di pregio o il rifacimento dei bagni, o d’altro canto il lento decadimento di una casa in abbandono). Si fa quindi riferimento ad un valore intrinseco della singola unità abitativa, basato su tanti criteri quante sono le peculiarità che differenziano le varie unità abitative.
Chi decide quali sono questi criteri sono i proprietari prima della costituzione iniziale del condominio, ed in genere questo è il costruttore. Sarebbe ottima cosa, quindi, che insieme alla tabella millesimale sia allegata agli atti di compravendita anche la relazione tecnica del consulente che ha redatto la tabella, indicando quali criteri sono stati considerati e come. E’ infatti importante sapere fin dall’inizio cosa si accetta (con valore contrattuale!) poiché la giurisprudenza è abbastanza restia ad accogliere richieste di modifica della tabella millesimale per ragioni non “strutturali”, che sono un errore di calcolo iniziale o una alterazione di più di un quinto della unità abitativa (passare da 100 a 120 metri quadri, per esempio). Compreso questo, ogni modifica è permessa se c’è il consenso unanime dei proprietari, e quindi senza passare da un tribunale. Altri tipi di modifica ai criteri di ripartizione delle spese sono spesso consentiti a maggioranza semplice (maggioranza dei presenti che rappresenti i 501 millesimi) dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18477 del 2010, ma questo è un altro discorso valevole soprattutto per le spese ordinarie.
I criteri di calcolo delle tabelle si dividono in “interni”, cioè propri di ciascun appartamento (come superficie, volume, numero e natura dei vani, grado di aerazione e illuminazione naturale, orientamento) ed “esterni”, cioè dipendenti dalla struttura (esposizione, panorama, piano e raggiungibilità, isolamento acustico e termico…), così se ne esistono tanti oggettivi e facilmente misurabili, alcuni restano abbastanza soggettivi. Alcuni esempi: ha un valore intrinseco un posto-auto vicino all’uscita o uno identico situato alla fine del corsello dei box, in cui è anche difficile fare manovra? Sempre a parità di superficie e volume, ha maggior valore intrinseco un appartamento posto all’ultimo piano di un edificio senza scale, o quello al piano terreno? Vale più una unità abitativa isolata su più lati da altri appartamenti, o la stessa unità posta in testa con una dispersione termica maggiore?
Per quasi ogni criterio in analisi ci sono dei coefficienti di calcolo, citati in due circolari ministeriali, una risalente al 26 marzo 1966, ed una del 26 luglio 1993 (che dopo 27 anni offre delle precisazioni sulla prima): queste indicazioni sono state redatte per le cooperative edilizie a contributo statale, ma la prassi le ha fatte valere per tutti i condomini.
Le disposizioni ministeriali lasciano un certo margine di discrezione al tecnico che redige le tabelle (come appunto il grado di funzionalità di un appartamento). Auspichiamo che lo Stato elabori dei criteri ancora più precisi, non limitandosi all’edilizia pubblica. Ma se i tempi di reazione del Ministero sono di 27 anni tra una circolare e l’altra, in attesa del 2020 l’auguro è di affidarsi solo a mani esperte.