I millesimi.

I millesimi. 
Di fronte al problema di come suddividere le spese condominiali, capita spesso di sentire in assemblea commenti davvero accorati del tipo “ma non è giusto!”, specie in riferimento ai lavori straordinari. Tolte le persone in malafede che pur di veder ridotta la propria rata non accettano ragioni (se non la propria), ecco qualche dritta su come approcciarsi alle tabelle millesimali.
Le parti comuni sono di proprietà (e a carico) di ciascun condomino in ragione del valore della propria unità abitativa, relativamente al valore delle altre unità (così indica la legge). Il valore però NON può intendersi come quello commerciale: andrebbe altrimenti rivisto ogni volta che avviene una compravendita, e periodicamente occorrerebbe un controllo sul mantenimento del valore interno di ciascun appartamento (migliorie come infissi di pregio o il rifacimento dei bagni, o d’altro canto il lento decadimento di una casa in abbandono). Si fa quindi riferimento ad un valore intrinseco della singola unità abitativa, basato su tanti criteri quante sono le peculiarità che differenziano le varie unità abitative.
Chi decide quali sono questi criteri sono i proprietari prima della costituzione iniziale del condominio, ed in genere questo è il costruttore. Sarebbe ottima cosa, quindi, che insieme alla tabella millesimale sia allegata agli atti di compravendita anche la relazione tecnica del consulente che ha redatto la tabella, indicando quali criteri sono stati considerati e come. E’ infatti importante sapere fin dall’inizio cosa si accetta (con valore contrattuale!) poiché la giurisprudenza è abbastanza restia ad accogliere richieste di modifica della tabella millesimale per ragioni non “strutturali”, che sono un errore di calcolo iniziale o una alterazione di più di un quinto della unità abitativa (passare da 100 a 120 metri quadri, per esempio). Compreso questo, ogni modifica è permessa se c’è il consenso unanime dei proprietari, e quindi senza passare da un tribunale. Altri tipi di modifica ai criteri di ripartizione delle spese sono spesso consentiti a maggioranza semplice (maggioranza dei presenti che rappresenti i 501 millesimi) dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18477 del 2010, ma questo è un altro discorso valevole soprattutto per le spese ordinarie.
I criteri di calcolo delle tabelle si dividono in “interni”, cioè propri di ciascun appartamento (come superficie, volume, numero e natura dei vani, grado di aerazione e illuminazione naturale, orientamento) ed “esterni”, cioè dipendenti dalla struttura (esposizione, panorama, piano e raggiungibilità, isolamento acustico e termico…), così se ne esistono tanti oggettivi e facilmente misurabili, alcuni restano abbastanza soggettivi. Alcuni esempi: ha un valore intrinseco un posto-auto vicino all’uscita o uno identico situato alla fine del corsello dei box, in cui è anche difficile fare manovra? Sempre a parità di superficie e volume, ha maggior valore intrinseco un appartamento posto all’ultimo piano di un edificio senza scale, o quello al piano terreno? Vale più una unità abitativa isolata su più lati da altri appartamenti, o la stessa unità posta in testa con una dispersione termica maggiore?
Per quasi ogni criterio in analisi ci sono dei coefficienti di calcolo, citati in due circolari ministeriali, una risalente al 26 marzo 1966, ed una del 26 luglio 1993 (che dopo 27 anni offre delle precisazioni sulla prima): queste indicazioni sono state redatte per le cooperative edilizie a contributo statale, ma la prassi le ha fatte valere per tutti i condomini.
Le disposizioni ministeriali lasciano un certo margine di discrezione al tecnico che redige le tabelle (come appunto il grado di funzionalità di un appartamento). Auspichiamo che lo Stato elabori dei criteri ancora più precisi, non limitandosi all’edilizia pubblica. Ma se i tempi di reazione del Ministero sono di 27 anni tra una circolare e l’altra, in attesa del 2020 l’auguro è di affidarsi solo a mani esperte.

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Minaccia aggravata per chi insulta l'amministratore di condominio

Minaccia aggravata per chi insulta l’Amministratore di Condominio
sentenza numero 19702/2019
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Fermo restando che nessuna causa è mai vinta o persa in partenza e che ogni situazione è a sè e non prescinde dal contesto in cui prende forma, la recente sentenza della Cassazione ha senza ombra di dubbio una grande rilevanza. In sintesi:
“Se le minacce sono tali da turbare psicologicamente l’amministratore, il condomino rischia una condanna penale aggravata”
 
Sebbene i rapporti tra amministratori di condominio e condomini non siano sempre idilliaci, non è comunque mai lecito oltrepassare il confine del normale dibattito quotidiano.
Lo dimostra la vicenda di una condomina che, dopo che la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso (sentenza numero 19702/2019), ha visto divenire definitiva la condanna nei suoi confronti per il reato di minaccia aggravata in danno dell’amministratrice del suo condominio.
La minaccia
Nella recente sentenza, la Corte di cassazione ha avuto modo di ricordare che la minaccia “consiste nella prospettazione di un male futuro, il cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente, richiedendosi l’idoneità della stessa a turbare psicologicamente la persona offesa, in altre parole, ad intimidirla”.
Tale idoneità, oltretutto, non va determinata sulla base dell’effetto concretamente verificatosi, ma ex ante e tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto.
La vicenda
Nel caso di specie, l’imputata aveva urlato, riferendosi all’amministratrice, frasi del tenore di “Questa è una ladra, la deve pagare, la porto in tribunale, deve avere paura” e “La levo davanti, prima che te ne vai ti devo uccidere“.
Nelle espressioni utilizzate dalla donna, la Corte territoriale aveva riconosciuto la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di minaccia, alla luce della presenza di minacce di morte, anche corredate del riferimento all’intenzione di fare uso di una bomba.
Oltretutto, il contesto di riferimento, in quel preciso momento, non era corredato da animosità tali da poter fare da sfondo a uno scambio di parole “la cui valenza intimidatoria poteva essere esclusa dalla partecipazione della persona offesa alla contesa”.
A fronte dell’inammissibilità del ricorso in Cassazione, resta quindi la condanna inflitta alla condomina per il reato di minaccia aggravata.
 
Valeria Zeppilli
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LEGGE 14 GIUGNO 2019 NR 55 IMMOBILI DEGRADATI

 

LEGGETE ATTENTAMENTE:
Legge 14 giugno 2019, n. 55 Immobili degradati: arriva l’amministratore di condominio giudiziario

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Quali saranno le conseguenze per il condominio destinatario dell’ordinanza?
Il Parlamento ha di recente licenziato la Legge 14 giugno 2019, n. 55, che ha convertito, con modifiche il Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, ormai noto ai più come ‘Decreto Sblocca – Cantieri’; infatti, la rubrica del Decreto, così come della Legge di Conversione recita Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi
Per quello che qui interessa commentare, l‘art. 5 sexies della Legge n. 55/2019(già art. 5 bis del Decreto – legge) prevede quanto segue: <<1. Negli edifici condominiali dichiarati degradati dal comune nel cui territorio sono ubicati gli edifici medesimi, quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1105, quarto comma, del Codice civile, la nomina di un amministratore giudiziario può essere richiesta anche dal sindaco del comune ove l’immobile è ubicato.
L’amministratore giudiziario assume le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea. 2.
Le dichiarazioni di degrado degli edifici condominiali di cui al comma 1 sono effettuate dal sindaco del comune con ordinanza ai sensi dell’articolo 50, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel quadro della disciplina in materia di sicurezza delle città di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. 3.
Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.>>
Cerchiamo di ‘tradurre’ il testo legislativo e di capire cosa è stato previsto:

  • innanzitutto, il Comune del luogo ove si trova il Condominio dovrà procedere con una dichiarazione dello ‘stato di degrado’ utilizzando la forma dell’ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco, prevista dall’art. 50, 5° comma, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali, TUEL);
  • a questo punto – e questo si deduce dall’ermetico testo letterale della norma – il Condominio dovrà riunirsi in Assemblea per esaminare la dichiarazione dello stato di degrado e, soprattutto, adottare le delibere necessarie a porre rimedio alla situazione (segnatamente, le delibere di approvazione dei lavori da eseguire per il ripristino, si ritiene, del corretto stato manutentivo dell’edificio condominiale);
  • la norma in commento richiama poi l’art. 1105 c.c., che disciplina l’amministrazione dei beni in comunione, in particolare il 4° comma, laddove si specifica che <<Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.>>.

Quindi, l’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri prevede che, se nonostante la dichiarazione dello stato di degrado, il Condominio:

  • non viene convocato in Assemblea straordinaria per deliberare;
  • pur convocato in Assemblea straordinaria, non raggiunge i quorum per deliberare;
  • pur avendo deliberato, non esegue i lavori decisi

Allora sarà ANCHE il Sindaco (unitamente a ciascun singolo condòmino, come già previsto dall’art. 1105 c.c., applicabile per rinvio ai sensi dell’art. 1139 c.c.) a poter depositare ricorso al Tribunale affinché questo nomini un Amministratore giudiziario; l’amministratore giudiziario così nominato deve assumere le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea.
Procediamo allora per punti per cercare di capire cosa devono aspettarsi i Condominii ed i loro Amministratori a partire dal 18 giugno 2019.
La dichiarazione di degrado: quando sussiste degrado.
Partiamo dall’ovvia considerazione per cui dell’applicazione della norma dovranno preoccuparsi quei Condominii che versino in stato di ‘degrado’: ma quando è ravvisabile il ‘degrado’?
Non solo: esiste una definizione normativa di ‘degrado’, applicabile alla fattispecie condominiale? Oppure ci troviamo nella stessa situazione osservata per la definizione di ‘ordinaria’ e ‘straordinaria’ manutenzione, per cui abbiamo una casistica data dalla giurisprudenza, mentre i tecnici insistono nel fare riferimento al D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, TUE)?
A tale proposito, potrà forse risultare utile, in attesa delle prime applicazioni pratiche che giungeranno nei prossimi mesi, dare conto di quanto riportato in una sentenza del TAR Lazio (Sez. II, sent. 21 ottobre 2017, n. 10871), dove i Giudici amministrativi erano stati chiamati a dirimere una controversia circa la qualifica di un immobile, facente parte del patrimonio dell’I.N.A.I.L. e da dismettere, come “di pregio” o meno.
In particolare, poiché la normativa pubblicistica prevede che lo ‘stato di pregio’ venga meno o non sia riconoscibile dinnanzi allo ‘stato di degrado, il TAR osserva in maniera specifica e dettagliata
Che cosa non possa intendersi come ‘degrado’: il degrado riferito al piano cantine non è di per sé elemento che può determinare il riconoscimento del degrado dell’intero immobile (cfr., in analogia, Cons. Stato, Sez.VI, 28 aprile 2010 n. 2428);

  • – non possono essere definiti degradati, ai fini che qui interessano, gli immobili che necessitano di interventi di riparazione, rinnovamento o sostituzione delle finiture esterne, che rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria, ovvero che abbisognano di modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali dell’edificio o realizzare o integrare i servizi igienici e tecnologici, che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità abitative, da far rientrare nel concetto di manutenzione straordinaria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre2008 n. 4696);
  • – al fine di escludere la qualifica di pregio[ergo, per affermare che esista lo stato di degrado, N.d.r.], deve emergere la necessità di interventi volti al consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio oalla necessità di impianti richiesti dalle esigenze dell’uso abitativo, quali l’impianto elettrico fatiscente, l’assenza nelle abitazioni di acqua diretta, l’assenza di un impianto fisso di riscaldamento, lesioni diffuse e passanti nelle pareti e nei soffitti inoltre il 60% dei vani, evidenti difetti strutturali nei due terzi degli infissi di chiusuradelle aperture esterne, lesioni diffuse e passanti in misura superiore al 50% dellasuperficie complessiva della facciata dell’edificio, precaria situazione strutturale con indebolimento delle strutture portanti a causa di aperture di varchi e quadro fessurativo alquanto diffuso con diverse lesioni, carenze strutturali e funzionali negli orizzontamenti e indebolimenti delle strutture delle scale, accresciutavulnerabilità sismica (Cons. di Stato, VI, 7 agosto 2008 n. 3899 n. 5961 del 2005);
  • – ai fini della procedura di dismissione di cui al d.l. n. 351/2001 [ma lo stesso dovrebbe valere per la dichiarazione di degrado del Condominio che qui interessa, N.d.r.], la nozione di immobile degradato a cui non applicare la qualifica di pregio deve essere interpretata relativisticamente, dovendosi far riferimento al complesso di beni cui essa si riferisce, e con riguardo allo stato di conservazione che è lecito attendersi,tenuto conto delle endemiche caratteristiche del bene da valutare.

Ne consegue chela vetustà di un immobile, implicando giocoforza che il suo normale stato di conservazione possa determinare la necessità di procedere ad opere manutentive odi rifacimento, non per questo solo lo fa classificare come “degradato”, dovendosi desumere, in caso contrario, che la maggioranza dei beni insistenti nei centri storici italiani dovrebbero qualificarsi in tal modo, con la conseguenza che la disposizione di cui all’art. 3, comma 13, del citato d.l. verrebbe ad essere svuotata di ogni pratico significato (Cons. Stato, Sez. VI, 07.02.2014, n. 590).>>
Una, nessuna, centomila ordinanze contingibili ed urgenti. Sia consentito ricordare che, anche prima della Legge Sblocca Cantieri, l’art. 54 del TUEL prevedeva che il Sindaco del Comune ove si trova l’edificio condominiale potesse ordinare l’esecuzione di tutte quelle opere indifferibili ed urgenti a tutela della pubblica e privata incolumità.
Non solo. In caso di inottemperanza all’ordinanza contingibile ed urgente (OCU), il Sindaco poteva ordinare l’esecuzione delle opere, agendo poi in regresso nei confronti degli interessati per ottenere la restituzione delle somme sborsate.
Di recente, una situazione simile è stata affrontata dal Giudice di Pace di Nola, con la sentenza del 04 maggio 2018(laddove vengono citate sul punto, Cassaz., SU, 10 luglio 2006, n. 15611 eCassaz., Sez. I, 13 aprile 2001, n. 5540).
Il Giudice onorario ha dato ragione al Comune che agiva per la riscossione delle somme pagate per le opere di consolidamento ordinate ad un Condominio, tramite il meccanismo di cui all’art. 54 TUEL, rammentando come il Comune avesse a disposizione ben 4 procedure per ottenere la restituzione delle somme, ovvero:

  1. il procedimento monitorio ordinario (ricorso per D.I. ex art. 633 e ss c.p.c.),
  2. il procedimento per la riscossione delle entrate patrimoniali ex R.D. 14 aprile 1910, n. 639,
  3. il procedimento di riscossione disciplinato dagli artt. 67 e 69 delD.P.R. n. 43 del 1988, e
  4. il procedimento ordinario di cognizione ex art. 163 e ss. c.p.c. (atto di citazione).

Ci si permette di aggiungere il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. cioè il procedimento sommario di cognizione.
Ciò che ha fatto la Legge Sblocca Cantieri è aggiungere una differente ipotesi di OCU, accanto a quella prevista dall’art. 54 TUEL, cioè l’OCU attualmente disciplinata dall’art. 50, 5° comma, TUEL, tenendo presente che, con l’OCU di cui all’art. 54 TUEL il Sindaco agisce quale ufficiale del Governo in sede territoriale, mentre l’art. 50 TUEL prevede un’OCU che promana dal potere di rappresentanza locale spettante al Sindaco.
L’OCU ex art. 50, 5° comma, TUEL, quella per intenderci che potrebbe essere notificata all’Amministratore ed ai condòmini, è riservata alle situazioni in cui sussista <<urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana>>.
Con il richiamo operato dall’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, si è aggiunta, alle situazioni elencate dall’art. 50, 5° comma, TUEL, l’ipotesi di DEGRADO CONDOMINIALE, quando, a ben vedere, il Condominio è parte di quei ‘territorio’, ‘ambiente’, ‘patrimonio culturale’ di cui all’art. 50 TUEL.
L’ordinanza sindacale: presupposti, conoscibilità, conseguenze. Veniamo ad aspetti più tecnici, cui gli Amministratori d’ora innanzi dovranno porre attenzione. Al fine di poter validamente adottare l’OCU, il Sindaco dovrà verificarne i presupposti, pertanto, innanzitutto, lo ‘stato di degrado’ che caratterizza l’edificio condominiale oggetto dell’attenzione dell’amministrazione pubblica e della definizione di degrado abbiamo già dato conto sopra.
Ovviamente, l’OCU potrà essere emessa solamente dopo aver anche verificato che sussistano i requisiti di contingibilità ed urgenza a provvedere.
Per contingibilità dobbiamo intendere una situazione concreta, attuale e che non era possibile prevedere con anticipo: dobbiamo anche avere riguardo alla gravità della situazione, cioè all’effetto che il degrado rilevato può avere sul territorio circostante.
L’urgenza va da sé che sia collegata all’intensità del fenomeno ‘degrado’, nonché alle circostanze del caso concreto – pensiamo ad esempio ad un Condominio la cui facciata versi in stato di degrado, situato in un Comune dove sta per svolgersi una manifestazione pubblica cui parteciperanno molte persone.
L’OCU contenente la dichiarazione dello stato di degrado, prevista dall’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, dovrà essere portata a conoscenza dei soggetti cui si riferisce ed indicherà un termine per l’adempimento.
Sembra potersi escludere che il Comune sia tenuto ad avvisare il Condominio, quale interessato ai sensi della Legge 07 agosto 1990, n. 241 (Legge sul Procedimento Amministrativo), dell’avvio della procedura di dichiarazione di degrado, vista la presunta ‘indifferibilità’ degli interventi sull’edificio che l’OCU vorrebbe in certo senso ‘incentivare’ (v. TAR Lombardia Milano, Sez. III, sent. 17 dicembre 2014, n. 3049).
Dopo la sua adozione, l’OCU andrà comunque pubblicata nell’Albo comunale quale atto di emanazione dell’ente locale comunale: poiché inoltre si tratterà, nella maggioranza dei casi, di atto rivolto a soggetti determinati, essa dovrà essere notificata all’Amministratore di Condominio: probabilmente, verrà notificata a tutti i singoli condòmini laddove l’amministrazione pubblica aderisca alla tesi per cui il Condominio, in quanto tale, non è obbligato perché in realtà spettava ai singoli condòmini adottare i provvedimenti di conservazione dello stabile onde evitare lo scivolamento verso il degrado.
Quali saranno le conseguenze per il Condominio destinatario dell’OCU? Come letto nell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, il Condominio dovrà immediatamente agire per eseguire l’OCU – sempre che non ritenga di impugnare l’OCU dinnanzi al TAR, ma rammentiamo che, trattandosi di provvedimento basato sulla discrezionalità della PA, esso potrà essere censurato solamente per vizi di legittimità, ma il merito dell’azione amministrativa – proprio come il merito della delibera assembleare – non potrà essere ridiscusso dinnanzi al Giudice.
In particolare, anche a fronte delle severe sanzioni di carattere penale previste per i casi di mancata manutenzione degli edifici in condominio, si suggerisce agli Amministratori di adottare una condotta diligente e prudente e, pertanto:

  • all’atto della nomina presso un Condominio, eseguire una due diligence sulle condizioni statiche, di decoro e di sicurezza dello stabile, con particolare riguardo, per ciò che ci interessa, allo stato manutentivo dell’immobile;
  • inserire nell’OdG della prima assemblea utile le opere e gli interventi che si ritengono necessari per la ‘messa in sicurezza’, sotto i molteplici aspetti, del fabbricato e dei condòmini (rispetto alle responsabilità incombenti);
  • laddove non si raggiunga il quorum deliberativo per almeno due assemblee consecutive, valutare se rimettere il mandato – a seconda dell’importanza degli interventi che il Condominio non può o non vuole eseguire – anche facendo ricorso al Tribunale per la nomina di un Amministratore giudiziario.

Immaginiamo ora di avere fatto quanto sopra e che, nonostante i nostri sforzi, il Condominio non sia riuscito a (o non abbia voluto) deliberare gli interventi necessari: in questo momento, ci viene notificata l’OCU del Sindaco.
Nel termine indicato dall’OCU, l’Amministratore dovrà convocare l’Assemblea; laddove l’Assemblea riesca a deliberare i lavori, l’Amministratore dovrà essere altrettanto celere nell’esecuzione degli stessi.
Ove non lo faccia, ricadrà su di lui la responsabilità per la nomina dell’Amministratore giudiziario su ricorso del Sindaco ai sensi dell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri – si immagina che i condòmini, in un caso simile, potrebbero anche chiedere all’Amministratore inadempiente di sostenere il costo del compenso dell’Amministratore giudiziario imposto dal Comune ricorrente, dato che tale nomina si è resa necessaria a fronte dell’inerzia del primo.
Qualora invece l’Assemblea non riesca a (o non voglia) deliberare sull’esecuzione degli interventi a seguito della notifica dell’OCU, si consiglia l’Amministratore di operare come indicato sopra (rimettere il mandato o chiedere lui stesso la nomina del suo successore al Tribunale) chiedendo che si dia indicazione, a verbale d’assemblea, dei condòmini contrari o astenuti nella votazione sugli interventi.
Ricordiamo che il verbale assembleare è responsabilità del Presidente e del Segretario, tuttavia dovrebbe essere interesse principale dei condòmini favorevoli dare un’evidenza probatoria dei soggetti ai quali è da imputare il degrado dell’edificio condominiale, onde separare la propria responsabilità dalla loro.
Infine, è opportuno notare che l’Amministratore giudiziario nominato su ricorso del Sindaco, ai sensi dell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, deve assumere le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea.
Attenzione: lo stesso non potrebbe fare l’Amministratore giudiziario nominato su ricorso del condòmino o dell’Amministratore dimissionario. Infatti, per come è formulato l’art. 5 sexies in parola e per la straordinarietà delle circostanze della nomina, si ritiene che solamente l’Amministratore giudiziario nominato dietro istanza del Sindaco debba (e possa) agire in funzione sostitutiva dell’Assemblea.
Altro punctum dolens: agire in funzione sostitutiva dell’Assemblea significa che decide uno per tutti?
Quindi, l’Amministratore giudiziario:

  • nomina un tecnico per la valutazione degli interventi e la redazione dell’eventuale Capitolato, oppure, ove sussista un’urgenza ancora maggiore,
  • affida direttamente a ditta di sua fiducia gli interventi necessari, senza passare dalla delibera assembleare, andando così a rendicontare i costi di quanto svolto nella successiva assemblea, come previsto dall’art. 1135 c.c. in caso di lavori urgenti.

Ma, ci si chiede, cosa accade se i lavori vengono contestati – nulla di più verosimile, data la litigiosità che contraddistingue la materia condominiale nel nostro Paese?
In tale caso, l’Amministratore giudiziario torna ad essere un semplice mandatario e si ritiene che risponderà per le note culpa in eligendo e mancanza di ordinaria diligenza, proprio come accadrebbe all’Amministratore condominiale, a nulla rilevando l’origine della nomina, atteso che essa rimane circoscritta alla fase, appunto, di investitura ed alla possibilità di surroga rispetto all’Assemblea, ma lì termina la ‘specialità’ dell’Amministratore giudiziario; da quel punto in poi egli risponderà come un normale Amministratore.
Infine, è il caso di notare che l’art. 1105, 4° comma, c.c., pure richiamato dalla norma in commento, prevede che il Tribunale cui si fa ricorso in caso di impasse nelle decisioni sull’amministrazione della comunione possa adottare i provvedimenti ritenuti opportuni, tra i quali ANCHE la nomina di un Amministratore giudiziario.
Questo lo deduciamo perché la norma recita <<Questa[l’Autorità giudiziaria, N.d.r.]provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.>>, per cui non dovrebbe essere escluso che il Tribunale cui anche il Sindaco ricorre, in virtù dell’attuale art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, possa esso stesso ordinare i lavori, ma allora non comprendiamo la necessità di costringere il Sindaco a ricorrere al Tribunale, quando anche il Sindaco può imporre i lavori necessari con la OCU ordinaria …
La norma è sicuramente dettata dall’esigenza di ripristino del nostro contesto urbano verso un decoro maggiore, ma, come visto sopra, è stata cucita in un assetto normativo a metà tra il diritto privato e l’amministrazione pubblica e locale assolutamente complesso ed articolato: attendiamo le prime applicazioni per un ulteriore commento.
Avv. Caterina TOSATTI

 

Chiusura Estiva 2019

Si comunica alla gentile clientela che lo studio resterà chiuso per la pausa estiva
dal 29 luglio al 05 agosto e
dal 19 Agosto 2019  al 31 Agosto 2019  compreso
Per eventuali urgenze contattare il nr unico nazionale 112
Si ricorda che in caso d’urgenza il singolo condominio è autorizzato ad intervenire chiedono poi la ratifica all’assemblea del suo operato.
E’ possibile anche lasciare un messaggio completo al nr 0332.1951773 e/o mail daniele.dipasqua@libero.it
Buona estate a tutti

Amministrazioni Condominiali Di Pasqua -Azienda dinamica

Azienda giovane e dinamica, Amministrazioni Condominiali Di Pasqua offre i servizi di gestione e consulenza immobiliare. In costante aggiornamento è in grado di garantire prestazioni tempestive e professionali. Lo studio dal 2012  ovvero con l’entrata in vigore della riforma del condominio è in continua evoluzione ..

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Obblighi Antincendio dell'Amministratore

Condominio: Obblighi Antincendio dell’Amministratore

Misure di sicurezza antincendio in condominio. All’interno di un condominio spetta all’amministratore adottare le misure di sicurezza antincendio.

In tal senso egli è tenuto ad ottenere il c.d. certificato di prevenzione incendi qualora tra le parti comuni del condominio vi siano le attività rientranti nel D.M. 16.02.1982 e nel D.P.R. n. 37 del 1998.
prevenzione incendi condominio
Cosa si intende per misure di sicurezza antincendio?
Il d.lgs n.81 del 2008 definisce la prevenzione incendi come quella funzione di interesse pubblico volta a garantire la sicurezza della vita umana, l’incolumità delle persone e la tutela dei beni e dell’ambiente mediante lo studio, la predisposizione, nonché la sperimentazione di norme, provvedimenti e accorgimenti che evitano l’insorgere di incendi e degli eventi ad essi connessi.
Naturalmente tale interesse va perseguito secondo criteri applicativi uniformi su tutto il territorio italiano.
Settore di applicazione
La prevenzione incendi si spiega in ogni settore in cui vi sia l’esposizione al rischio di incendio, dunque anche nell’ambito della sicurezza nei luoghi di lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti correlati con determinate sostanze pericolose, dell’energia e dei prodotti da costruzione.
Il succitato decreto legislativo, a parte dare la definizione della prevenzione incendi, non introduce alcuna nuova disciplina in materia ma si limita solo a rinviare, quanto alla definizione di determinati aspetti, ad altri decreti successivi.
In particolare il d.lgs 81/2008 rimanda a successivi decreti, ancora da emanare, la definizione:
1) dei criteri volti ad individuare:
– le misure necessarie per evitare la comparsa di incendi e per limitarne le conseguenze;
– i sistemi di controllo e custodia degli impianti e attrezzature antincendio;
– i criteri per gestire le emergenze.
2) delle caratteristiche del servizio di prevenzione e protezione antincendio, nonché i requisiti che deve avere il personale addetto.
Qual è la normativa applicabile?
Si ritiene che fino a quando non vengano adottati tali decreti bisogna fare riferimento alle disposizioni contenute nel D.lgs n.139 del 2006 e ai criteri generali di sicurezza antincendio.
Le parti comuni del condominio
All’interno di un condominio spetta all’amministratore dello stesso osservare le idonee misure di sicurezza antincendio, in particolare ottenendo il certificato di prevenzione incendi (CPI) qualora vi siano nelle parti comuni dell’edificio attività che rientrano nell’ambito di applicazione del D.M. 16.02.1982, del D.P.R. n.37 del 1998 e delle relative norme collegate (centrale termica, impianto ascensore,ecc.)
Attività commerciali in condominio
Qualora poi all’interno del condominio siano presenti delle attività commerciali o produttive di privati e soggette al controllo antincendio, le relative procedure in materia non sono di competenza del condominio.
Il d.lgs n. 81 del 2008, all’art 18, comma 2, lettera b), afferma che il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare anticipatamente i lavoratori deputati all’attuazione delle misure di prevenzione incendi.
Procedimento per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi (CPI)
Come prima cosa, al fine di ottenere il CPI, occorre richiedere il parere di conformità del progetto di nuove attività o di modifiche alle attività già esistenti.
Per tale motivo i responsabili di attività rientranti in quelle indicate dal ministro dell’Interno 16.2.1982 devono presentare un’apposita domanda di parere di conformità al Comando provinciale dei Vigili del fuoco. La domanda va redatta su modello PIN1 a cui dovrà essere  correlata di altri documenti per la certificazione prevenzione incendi e quini in  allegato:
– documentazione tecnico-progettuale, la scheda informativa generale, nonché una relazione tecnica e gli elaborati grafici;
– copia del versamento fatto in favore della Tesoreria provinciale dello Stato;
Il Comando deve pronunciarsi sulla conformità dei progetti presentati entro 45 giorni, salvo casi particolari in cui tale termine può essere prorogato fino a 90 giorni.
Se il Comando non si esprime nel termine previsto ciò vale come silenzio-rifiuto.
Nel caso di complessi edilizi o stabilimenti produttivi in cui coesistono più attività, ma la cui gestione è affidata ad un unico soggetto, va presentata una sola domanda e quindi un solo progetto per ottenere il rilascio di un unico certificato di prevenzione incendi.
Dopo aver ottenuto il parere positivo sulla conformità occorre richiedere con apposita istanza al Comando provinciale dei Vigili del fuoco la visita di sopralluogo che verifichi la reale adozione delle misure di sicurezza previste nel progetto precedentemente approvato. obbligo antincendio amministratore
Oltre all’istanza di sopralluogo deve essere presentata anche una serie di certificazioni e dichiarazioni, firmate da professionisti abilitati, che comprovino la conformità alla normativa delle opere, dei materiali usati e degli impianti installati.
L’istanza di sopralluogo deve essere redatta secondo il modello PIN3. All’istanza vanno poi allegati:
– copia del parere del Comando provinciale dei Vigili del fuoco sul progetto;
– le dichiarazioni e certificazioni poc’anzi dette;
– copia del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Il sopralluogo avviene di norma entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza, salvo proroga di 45 giorni. In caso di esito positivo del sopralluogo, entro i successivi 15 giorni viene rilasciato all’interessato il CPI.
Il certificato di prevenzione incendi contiene eventuali limiti, divieti da rispettare e l’indicazione di impianti e attrezzature antincendio che devono essere presenti.
Chi è interessato ad ottenere il CPI può, in attesa del sopralluogo, presentare una dichiarazione al fine di poter iniziare a svolgere l’attività in maniera provvisoria
La dichiarazione di inizio attività deve essere redatta secondo il modello PIN 4.